di Valentina Giulia Milani
Da gennaio è in corso un’offensiva contro i militanti dello Stato Islamico (Is) nel Puntland, regione della Somalia. Le forze locali hanno riconquistato 250 chilometri quadrati e distrutto 50 basi jihadiste, ma occorre un maggiore supporto della comunità internazionale per evitare che l’Is continui a rappresentare una minaccia per la stabilità del Corno d’Africa.
Nelle ultime settimane si sono riaccesi gli scontri e le operazioni militari nel Puntland, regione semi-autonoma della Somalia, dove le forze di sicurezza locali, con il supporto di raid aerei statunitensi, stanno avanzando contro i militanti dello Stato Islamico (Is). L’offensiva, avviata a gennaio, ha portato alla riconquista di diversi territori strategici, tra cui il villaggio di Dharin, mentre gli scontri più intensi si sono registrati nelle zone montuose di Dharin e Qurac, provocando decine di vittime.
Secondo fonti della sicurezza del Puntland, oltre 50 jihadisti dell’Is sono stati uccisi nei combattimenti, mentre almeno 15 soldati hanno perso la vita. Le forze del Puntland, che negli ultimi mesi hanno lanciato un’offensiva denominata “Campagna Hilac”, stanno cercando di eliminare le cellule jihadiste radicate nel nord del Paese. Gli scontri arrivano pochi giorni dopo che aerei da guerra statunitensi hanno colpito obiettivi dell’Is nella regione, eliminando alcuni esponenti di spicco del gruppo. Il presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud ha ringraziato Washington per il sostegno alla lotta contro il terrorismo, mentre il governo del Puntland ha chiesto maggiore supporto internazionale, denunciando la mancanza di attrezzature avanzate e strumenti per contrastare l’uso di droni da parte dei jihadisti.
Fatti di cronaca che fanno comprendere come l’attenzione della comunità internazionale sulla Somalia si sia concentrata per anni su Al-Shabaab, il gruppo affiliato ad Al-Qaeda che controlla vaste aree nel centro e nel sud del Paese. Tuttavia, il recente rafforzamento dello Stato Islamico in Somalia, soprattutto nel Puntland, ha sollevato nuove preoccupazioni.

Is ha un numero inferiore di combattenti rispetto ad Al-Shabaab, con una stima tra 700 e 1.500 militanti, ma negli ultimi anni ha guadagnato terreno, soprattutto nelle montagne del Golis, dove ha stabilito le sue basi operative. Secondo analisti ed esperti di sicurezza, il gruppo sta rafforzando la sua rete globale, reclutando nuovi jihadisti dal Medio Oriente, dal Nord Africa e dall’Africa orientale, e finanziandosi attraverso estorsioni e traffici illeciti.
Nel 2023, alcune fonti statunitensi avevano riferito che il leader dell’Is in Somalia, Abdulqadir Mumin, fosse stato promosso a un ruolo di maggiore importanza all’interno della struttura globale dell’organizzazione terroristica. Questa riorganizzazione ha alimentato timori sul fatto che la Somalia possa diventare un nuovo hub del jihadismo internazionale, dopo il ridimensionamento dell’Is in Siria e Iraq.
L’offensiva del Puntland potrebbe rappresentare un punto di svolta nella lotta contro lo Stato Islamico nella regione. Il ministro dell’Informazione del Puntland, Mohammed Aided, ha dichiarato che le forze locali hanno riconquistato 250 chilometri quadrati e distrutto 50 basi jihadiste, ma ha avvertito che senza un maggiore coinvolgimento della comunità internazionale, il gruppo potrebbe riorganizzarsi e continuare a rappresentare una minaccia per la stabilità del Corno d’Africa.
Se l’Is dovesse consolidare la propria presenza in Somalia, potrebbe rappresentare un rischio non solo per la sicurezza interna del Paese, ma anche per i vicini Kenya ed Etiopia, già impegnati a contenere l’espansione jihadista lungo i loro confini, secondo alcuni osservatori.