Gli incendi nel Sudan occidentale, presumibilmente appiccati dai miliziani, hanno devastato centinaia di insediamenti negli ultimi mesi, costringendo migliaia di civili ad abbandonare le proprie case. E’ quanto emerge da un rapporto diffuso nei giorni scorsi dal progetto Sudan Witness, lanciato dal Centre for Information Resilience con sede nel Regno Unito. Complessivamente sono 201 i villaggi e gli insediamenti nella zona occidentale del Paese ad aver subito danni da incendi dall’inizio della guerra, nell’aprile del 2023. Ma solo il mese scorso sono state 72 le comunità colpite dalle fiamme appiccate in modo deliberato o come conseguenza dei combattimenti tra le forze armate sudanesi e le forze paramilitari di supporto rapido.
Il rapporto ha evidenziato un aumento del numero di incendi a nord e a ovest della città di Al-Fasher, nello Stato del Nord Darfur, dove è in corso un’escalation di violenza. Gli analisti ritengono che gli incendi siano stati appiccati deliberatamente per sfollare la popolazione di queste aree. “Quando vediamo notizie di combattimenti o attacchi aerei in coincidenza con focolai di incendi, questo indica che il fuoco viene utilizzato indiscriminatamente come arma di guerra”, ha commentato Anouk Theunissen, direttore del progetto Sudan Witness.
Come precisa Arab News, i ricercatori del Sudan Witness hanno utilizzato i dati delle immagini satellitari open source della Nasa e i contenuti dei social media per mappare la tipologia degli incendi dall’inizio del conflitto sudanese e hanno evidenziato come siano concentrati in particolare nel Kordofan e nel Darfur.
Al-Fasher, capoluogo del Nord Darfur, è assediata da mesi dalle forze paramilitari, che hanno così intrappolato circa 1,8 milioni di residenti e sfollati interni, secondo i dati delle Nazioni Unite. Il Commissario Onu per i diritti umani, Volker Turk, ha descritto la situazione nella città come “un inferno sulla Terra” e ha lanciato diversi appelli alle parti in conflitto perché mettano fine alle ostilità.
Sono almeno 142 i casi di violenza sessuale denunciati nella regione sudanese del Darfur, stando a un rapporto del Centro africano per gli studi sulla giustizia e la pace (Acjps) riportato dal Sudan Tribune. Intitolato “Guerra in Sudan: un’ondata di gravidanze indesiderate a seguito di violenza sessuale”, il rapporto descrive in dettaglio i casi registrati negli Stati del Nord e del Sud Darfur e del Darfur occidentale.
La maggior parte delle vittime sono donne e ragazze sfollate di età compresa tra i 12 e i 40 anni. In alcuni casi, le vittime sono state violentate da uomini con le uniformi delle Forze paramilitari di supporto rapido (Rsf). Molte vittime non hanno ricevuto assistenza medica a causa della mancanza di rifornimenti e dell’interruzione degli aiuti umanitari.
Nel rapporto vengono invitate tutte le parti in conflitto a rispettare il diritto internazionale umanitario e a proteggere i civili dalla violenza sessuale, sollecitando inoltre una maggiore assistenza umanitaria a favore delle vittime.