di Marco Trovato – foto di Daniele Tamagni / Courtesy Giordano Tamagni
Una mostra e un libro rendono omaggio a Daniele Tamagni, fotografo di fama internazionale, colonna storica della nostra rivista, scomparso prematuramente nel 2017. Il suo sguardo curioso e controcorrente ha immortalato l’eleganza e la fierezza di un continente in cerca di riscatto
La grande bellezza dell’Africa è andata in scena a Milano. Ha chiuso i battenti nella giornata di ieri Daniele Tamagni Style is Life, retrospettiva dedicata al celebre fotografo milanese, storica colonna della nostra rivista, prematuramente scomparso nel 2017, a 42 anni.
Decine di migliaia di persone sono accorse per non perdersi la mostra allestita a Palazzo Morando, un’ampia selezione di reportage da una carriera tanto breve quanto ricca di soddisfazioni e successi meritati (tra i prestigiosi riconoscimenti internazionali riportati, il Canon Young Photographer Award e il World Press Photo Award): 90 fotografie di straordinario impatto visivo che frantumano stereotipi e cliché su un continente ben più vitale e originale di quanto non appaia sui grandi media. Rifuggendo l’estetismo e la narrazione imperante sull’Africa – intrisa di pietismo ed esotismo –, Daniele Tamagni ha rivolto il suo obiettivo all’eleganza e alla bellezza di donne e uomini fieri e ambiziosi. In anticipo sui tempi, aveva voluto viaggiare di là dal Mediterraneo per immortalare il vivace mondo della moda e la prolifica scena artistica. Dai suoi reportage emerge la sorprendente creatività e l’energia propulsiva di un continente di giovani (età media: 19 anni) figli della globalizzazione e della rivoluzione digitale, assetati di riscatto e protagonisti del loro tempo.
Promossa e organizzata dalla Daniele Tamagni Foundation in collaborazione con il Comune di Milano, l’esposizione milanese è stata un’occasione preziosa per riscoprire le immagini con cui Tamagni ha contribuito a cambiare la percezione del continente africano. «Daniele ha intrapreso una missione per dimostrare quanto ricco sia il continente africano in termini di diversità̀ e storie non ancora narrate», spiega Aïda Muluneh, che assieme a Chiara Bardelli Nonino ha curato la mostra. «Si è deliberatamente concentrato su individui ai margini della società̀, su coloro che sfidano le norme, privilegiando l’affermazione di sé rispetto all’approvazione della società̀, su coloro che aprono la strada ai loro viaggi unici. A mio parere, ha scelto narrazioni strettamente allineate al suo cuore e al suo percorso di vita».
Moda di strada
Nella produzione artistica di Tamagni non c’è spazio per immagini compiaciute o artefatte. Il suo sguardo rigoroso e innovativo ha amalgamato fotogiornalismo, fotografia di strada e moda in uno stile diventato la sua cifra. «Daniele aveva scelto di occuparsi di moda e street style, in Africa e nei cosiddetti Paesi emergenti, ma non aveva proprio nulla del fotografo di moda», sottolinea la nostra redattrice Stefania Ragusa, esperta di arte africana. «Non costruiva il set, non metteva in posa i modelli. Camminava e s’intratteneva con loro, come un cronista, in attesa del momento perfetto. La fascinazione estetica nei suoi scatti andava sempre di pari passo con la narrazione. Non era mai invenzione, ma testimonianza».
Documentando stili e tendenze della street fashion, ne ha testimoniato il valore politico, talvolta sovversivo. Immortalando l’orgoglio e la gioia di comunità̀ urbane per le quali “lo stile è vita”, come recita il titolo della mostra, nelle sue foto l’abbigliamento diviene identità, offrendo adesione ai canoni estetici della società̀ ambita.
Libro imperdibile
Animo appassionato e irrequieto, carattere talvolta spigoloso, sempre sincero, Tamagni aveva una sensibilità speciale, uno stile inconfondibile, diventato fonte di ispirazione per tanti giovani, e un amore smisurato per l’Africa: un lascito che resta vivo oggi grazie al Daniele Tamagni Grant (danieletamagni.com), interamente sostenuto dalla sua famiglia, che vuole supportare i giovani fotografi. Artefice dell’iniziativa è il padre di Daniele, Giordano, uomo illuminato e tenace, che ha voluto fortissimamente onorare la memoria del figlio facendosi promotore della grande esposizione milanese e dell’omonima monografia Daniele Tamagni Style is Life (Kehrer Verlag): un volume fotografico di grande pregio, ben più di un catalogo (256 pagine e 150 immagini), in vendita a 50 euro online e nelle librerie, e disponibile negli spazi della mostra a fronte di una donazione alla Fondazione.
Vi si ritrova il meglio della favolosa fotografia di Tamagni che, non a caso, oggi trova ospitalità in importanti musei e gallerie di Los Angeles, Houston, Chicago, Birmingham, Brighton, Amburgo…
Dandy congolesi
Innanzitutto, le immagini che lo hanno reso celebre: quelle dei sapeurs (Africa 4/2010), i dandy congolesi maniaci del lusso, affiliati alla “Societé des Ambianceurs et des Personnes Élégantes” (Società delle persone eleganti che fanno atmosfera – acronimo Sape, da cui il loro nome), un movimento esclusivo e stravagante che da oltre mezzo secolo dipinge a tinte vivaci il cuore dell’Africa. Tamagni li ha scovati e immortalati nel quartiere di Bacongo, a Brazzaville, tra vicoli polverosi, bancarelle sgangherate e baracche di lamiera. Nei suoi scatti i sapeurs ostentano outfit ricercati, quelli con cui sfilano ogni sera per strada fra cordoni di ammiratori: completi griffati dai colori psichedelici (Yves Saint Laurent, Versace, Dior, Jean-Paul Gaultier, Coco Chanel, Valentino…), bastoni da passeggio, cappelli a cilindro, lunghi sigari, guanti bianchi, giacche di frac, vistosi papillon, orologi da taschino con la catenella nel gilet, borse di pelle, profumi alla moda.
Osserva Stefania Ragusa: «I sapeurs mettono in scena un kitsch gioioso, che a prima vista potrebbe ricordare quello dei narcos latinoamericani, ma rimanda in realtà a un’ostentazione differente, che non riguarda il potere quanto piuttosto la fantasia e il bisogno di esorcizzare la povertà. Daniele è riuscito a cogliere perfettamente questa specificità, senza calcare la mano sul lato caricaturale e paradossale delle performance urbane, e mostrandoci lo spirito di una globalizzazione ante litteram». Per la sua collezione primavera-estate 2010, lo stilista inglese Paul Smith si ispirò proprio alle foto del libro di Tamagni Gentlemen of Bacongo(pubblicato l’anno prima da Trolley Books), ormai un best seller della fotografia.
Voglia di libertà
Nella mostra di Milano ritroviamo i metallari del Botswana (Africa 6/2012), reportage realizzato a Gaborone sulle band musicali che si ispirano alle sonorità forsennate di Iron Maiden e Metallica, tra concerti, pub e giovani dark che indossano giubbotti e pantaloni di pelle, cinturoni borchiati, stivali e cappelli da cowboy. Non solo Africa. Grazie alle foto di Tamagni scopriamo la sinfonia di tessuti variopinti dei costumi tradizionali delle lottatrici boliviane, le cholitas, riconosciute dalla pollera, la particolare gonna che indossano, le quali sfidano la tradizionale divisione dei ruoli di genere portando avanti, anche con il wrestling, forme concrete di emancipazione femminile. E, ancora, fotografia di strada con protagoniste le giovani crew urbane di Johannesburg (Africa 5/2015) cresciute nel Sudafrica post-apartheid, originate da un contesto sociale difficile dove la moda offre, una volta di più, una forma di riposizionamento identitario, di appartenenza, in una società reimmaginata e libera.
Nella Nazione Arcobaleno, non priva di contrasti e contraddizioni, attraversata da forti tensioni sociali, Tamagni fotografa le periferie popolate da gruppi di ballerini come i Vintage, e sottoculture come gli Smarteez, documentando un mosaico di storie, stili e persone in cui la moda e la musica sono strumenti per esprimere e rappresentare una libertà duramente conquistata.
Curiosità e garbo
Da citare, fra le tante in mostra e nel libro, le immagini dedicate alla Fashion Week di Dakar (Africa 3/2014), oggi considerato l’evento di punta della moda africana, dove Tamagni catturò l’intimità e la spontaneità nei backstage delle sfilate e nei laboratori in Senegal. Negli stessi luoghi Daniele realizzò un altro reportage di grande pregio: sulle drianké (Africa 6/2011), imponenti matrone senegalesi, icone tradizionali di una bellezza generosa e fiera, che fanno dell’arte della seduzione una filosofia di vita. Nei suoi ritratti queste donne dai corpi esuberanti ostentano acconciature voluminose, abiti scintillanti, make-up esagerati e un orgoglio proporzionale alla propria stazza. «Daniele era stato attratto dalla moda fin dagli esordi», commenta Chiara Bardelli Nonino. «Ma voleva anzitutto capire e fotografare lo stile, in particolare quel momento in cui il gusto da radicalmente personale si trasforma in un gesto e, volendo in un messaggio, destinato agli altri. Anche per questo la sua ricerca passava sempre, prima di tutto, dalle persone. Daniele voleva conoscere i suoi soggetti, intrecciare amicizie, scoprire perché si vestissero in un certo modo, cosa volevano comunicare, e a chi».
Immergendosi nell’universo africano, con curiosità e garbo, rispettandone tempi e peculiarità, ha documentato, come pochi altri, fenomeni di resilienza e di rivendicazione, tra globalizzazione e tradizione, desiderio di emulazione e affermazione sociale. Se oggi l’Africa ci appare meno dannata e banale, è anche grazie agli scatti di Tamagni, a cui va tutta la nostra riconoscenza.
In copertina: Sapeurs congolesi. Il colorato mondo della Sape fu svelato in Occidente dagli scatti di Daniele Tamagni. Dalle sue fotografie emergono lo stile e i colori degli abiti indossati, i dettagli degli accessori – occhiali da sole, orologi, cappelli – ma anche il gusto e la gioia di vivere. Immagini come queste ispirarono una collezione dello stilista Paul Smith e furono raccolte in Gentlemen of Bacongo (Trolley Book, 2009): una pietra miliare della fotografia di moda, un volume introvabile nelle librerie, ricercatissimo dai collezionisti
Questo articolo è uscito sul numero 1/2024 della rivista Africa. Per acquistare una copia, clicca qui.