A dieci anni dall’indipendenza, livelli sconcertanti di violenza continuano a registrarsi in Sud Sudan e rischiano di andare fuori controllo in diverse regioni: a mettere in luce la crisi è l’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani (Ohchr).
L’ultimo rapporto della Commissione a Ginevra, pubblicato la scorsa settimana, registra infatti un’intensificazione degli attacchi contro la popolazione civile da parte di gruppi armati e milizie organizzati e mobilitati lungo linee etniche, spesso con il sostegno delle forze armate di Stato e di opposizione. Il periodo tra febbraio e novembre 2020 ha visto un violento conflitto tra milizie Dinka e Nuer alleate e milizie di pastori Murle nello Stato Jonglei centrale e meridionale e nell’area amministrativa di Greater Pibor, con conseguenti massicce violazioni dei diritti dei civili, tra cui l’uccisione e lo spostamento di centinaia di persone.
«La portata e la scala della violenza che stiamo documentando superano di gran lunga la violenza tra il 2013 e il 2019», ha detto la direttrice della Commissione diritti umani in Sud Sudan, Yasmin Sooka, precisando che Ohchr ha documentato alcuni degli attacchi più brutali compiuti negli ultimi sette anni, in particolare in Central Equatoria, Warrap, Jonglei e Greater Pibor Administrative Area che hanno visto un’escalation del conflitto, con il risultato che le case vengono sistematicamente e deliberatamente incendiate, i civili sono costretti a fuggire, molti vengono uccisi, e donne e ragazze vengono rapite, stuprate, violentate in gruppo e schiavizzate sessualmente, e in alcuni casi vengono sposate con la forza. Sooka ha aggiunto che donne e ragazze sono state prese di mira da tutte le parti, mentre i ragazzi rapiti sono stati costretti a combattere, e in alcuni casi assimilati con la forza nei gruppi rivali con le loro identità completamente cancellate. «La mobilitazione di decine di migliaia di combattenti armati con armi sofisticate è ben coordinata e altamente militarizzata e certamente non è una coincidenza», ha sottolineato.
«La portata della violenza armata e le armi più moderne utilizzate dai gruppi locali suggeriscono il coinvolgimento di forze statali o di attori esterni», ha detto a sua volta il commissario Andrew Clapham. «Molti di questi atti sono violazioni dei diritti umani e possono anche equivalere a crimini di diritto internazionale inclusi nel progetto di statuto della Corte ibrida per il Sud Sudan. Attualmente non c’è quasi nessuna responsabilità in Sud Sudan per queste violazioni. Esortiamo quindi il governo a firmare senza ulteriori ritardi il memorandum d’intesa con l’Unione africana che istituisce la Corte», ha osservato Clapham come si legge nel documento.
Mentre l’accordo di pace rivitalizzato ha portato a una tregua nelle ostilità a livello nazionale, questo ha avuto poco o nessun impatto a livello locale, fa sapere Ohchr. Il conflitto armato nell’Equatoria centrale, iniziato nel novembre 2018, tra le Forze di difesa del popolo del Sud Sudan, il Movimento di liberazione del popolo sudanese in opposizione, le milizie locali e il Fronte di salvezza nazionale – un non firmatario dell’accordo di pace rivitalizzato – continua con gravi conseguenze per i civili. Il rapporto rileva che le motivazioni di questi scontri includono la competizione per il potere e il territorio, l’accesso alle risorse, le lucrose miniere d’oro, la tassazione illegale e i fondi derivati dall’estorsione. Inoltre, il rapporto evidenzia le ritorsioni contro le persone sospettate o accusate di sostenere le parti opposte.
Dal 2011, anno della sua indipendenza, il Sud Sudan ha anche assistito a un massiccio giro di vite da parte del governo sulle libertà fondamentali, violando le garanzie di libertà di parola, espressione, riunione pacifica e associazione, nota il rapporto. “La sorveglianza pervasiva del governo su giornalisti, attivisti e difensori dei diritti umani, principalmente attraverso il servizio di sicurezza nazionale, insieme alla deliberata e sistematica presa di mira delle organizzazioni della società civile, delle case dei media e delle università in tutto il paese, infonde la paura di essere infiltrati e alimenta la sfiducia tra i colleghi”, ha detto la direttrice della Commissione Sooka.
Con oltre il 75% del Paese sommerso da violenze brutali a livello locale, il documento della Commissione fornisce un ulteriore quadro per la prevenzione dei crimini di atrocità e il rischio che il conflitto si diffonda al di fuori dell’Equatoria centrale.
(Valentina Giulia Milani)