Almeno 50 morti e diverse migliaia di sfollati sono il bilancio di un’ondata di violenza che investito il 25 giugno Wau, una cittadina a 650 km nord-ovest da Juba, la capitale del Sud Sudan. Il governo accusa un imprecisato “movimento islamico, di recente formazione” come responsabile degli attacchi contro la popolazione civile. Secondo le autorità di Juba la formazione islamista sarebbe composta da disertori dell’esercito sud-sudanese, combattenti dell’Esercito di Resistenza del Signore (LRA, un gruppo di origine ugandese che agisce ora in Sud Sudan, Centrafrica e RDC) e da membri delle milizia sudanesi janjaweed.
Mons. Rocco Taban Musa, Amministratore Apostolico di Malakal e originario di Wau, accusa invece il governo di Juba di istigare le violenze a carattere tribale, dopo la rimozione del Governatore, il Generale Elias Waya, che a dire di Mons. Taban, era capace di mediare tra le diverse componenti della società locale. La sua sostituzione con un’altra persona ha invece attizzato gli scontri tribali. A Wau convivono diverse etnie: Balanda, Dinka, Jur, Fertit e altre.
Secondo la Caritas locale, migliaia di persone sono accolte nelle strutture della Chiesa di Wau e presso la locale base dei “Caschi Blu” dell’ONU. Secondo il responsabile della Caritas di Wau, la popolazione non si fida di tornare nelle proprie abitazioni, nonostante l’esercito stia pattugliano le strade: “Non si fidano dei militari perché dicono che è l’esercito che ha ucciso i civili”.
Il South Sudan Council of Churches (l’organismo che riunisce le confessioni cristiane del Paese) ha lanciato un appello al governo perché ponga fine ai combattimenti e conduca un’inchiesta sulle violenze che hanno investito Wau ed altre parti del Paese. (L.M.) (01/07/2016 Fonte: Fides)
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