Chi l’ha detto che i pinguini vivono solo tra i ghiacci? A Boulders Beach, non lontano da Città del Capo, centinaia di esemplari hanno preso possesso di un lido sabbioso e assolato. Ma il loro futuro non è affatto sereno.
Sono arrivati nel 1983 dall’oceano e non se ne sono più andati. In trentacinque anni di permanenza sono diventati un’attrazione turistica. Ogni anno richiamano da ogni parte del mondo oltre sessantamila visitatori smaniosi di osservarli da vicino e fotografarli. Sono i celebri pinguini di Boulders Beach, spiaggia di sabbia e rocce di granito nei pressi di Simon’s Town, ex stazione baleniera e villaggio di pescatori affacciato sulla False Bay.
Ci troviamo a circa metà strada tra Città del Capo e il Capo di Buona Speranza. I ghiacci dell’Antartide sono lontanissimi, ma le gelide acque del circolo polare, spinte dalle correnti, arrivano fin qui. Su queste invisibili autostrade marine sono giunti anche i pinguini, che hanno saputo adattarsi a temperature più calde e nel corso del tempo hanno colonizzato varie località delle coste meridionali dell’Africa, tra la Namibia e il Sudafrica. Appartengono alla specie Spheniscus demersus, ma sono più conosciuti come pinguini del Capo o pinguini africani o pinguini dai piedi neri. C’è persino chi li chiama “pinguini somari” per via del caratteristico verso ragliante che fanno.
La minaccia dell’uomo
Si cibano di acciughe, aringhe, crostacei e seppioline. Sono alti circa 70 centimetri e arrivano a pesare fino a 3 chilogrammi. Come la gran parte dei pinguini, hanno il dorso di colore nero e il ventre, il petto e il collo sono bianchi. Sulla spiaggia di sabbia bianca, con le loro zampe palmate e il loro “frac”, appaiono goffi e ciondolanti, mentre in acqua dimostrano di essere ottimi nuotatori, raggiungendo una velocità di crociera di 30 chilometri orari.
A Boulders Beach vivono circa tremila esemplari. I turisti possono ammirarli da vicino grazie all’installazione di apposite passerelle che attraversano la spiaggia. I ranger vigilano attentamente sulla colonia. Ma, nonostante gli sforzi delle autorità di San Parks (l’ente che gestisce i parchi nazionali del Sudafrica) e le molteplici iniziative di conservazione, i pinguini del Capo sono in pericolo. La popolazione è crollata del 70 per cento negli ultimi vent’anni. Non certo per colpa dei gabbiani, che pure attaccano i nidi in cerca delle uova, e neppure per la presenza nelle acque di False Bay di voraci predatori come le otarie e gli squali. La vera minaccia è l’uomo, che ha ridotto drasticamente il loro habitat costruendo strade e abitazioni a ridosso delle aree protette, e ha saccheggiato con la pesca commerciale le acque dell’oceano meridionale.
Acque pericolose
Gli scienziati sono inoltre preoccupati per i cambiamenti climatici in corso, che stanno provocando pericolose alterazioni nell’ambiente marino. «Sardine e acciughe hanno spostato le loro zone di riproduzione più a est rispetto a vent’anni fa e per gran parte dell’anno sono fuori dalla portata delle colonie di pinguini del Sudafrica», spiega il biologo inglese Richard Shewrley, che ha condotto uno studio sulle coste del Sudafrica. «A peggiorare le cose è l’intensificazione del traffico mercantile, che disturba gli uccelli marini, ne ostacola gli spostamenti e minaccia l’incolumità». Il pensiero corre all’incidente del 23 giugno del 1999, quando, nei pressi di Robben Island, affondò una nave cargo che riversò in mare tonnellate di petrolio, sterminando l’intera colonia di pinguini, che allora contava 23.000 esemplari. «Non possiamo permettere il ripetersi di simili catastrofi ambientali. In gioco non c’è solo una delle più importanti attrazioni turistiche del Sudafrica, ma la sopravvivenza di una specie animale che era presente sulla Terra già quattrocentomila anni fa».
(Carol Hudson)