di Giulia Filpi
Nelle ultime settimane la situazione in Libia è stata complicata da nuovi sviluppi nel conflitto tra i poteri dell’est e dell’ovest, e le tensioni che già covaْْvano sotto le ceneri della guerra del 2014 si sono acuite, destando preoccupazioni per il futuro.
L’ultimo atto della crisi politica è rappresentato dalle mosse e contromosse intorno alla figura del governatore della Banca centrale libica (Cbl) Siddiq al-Kabir, che il Consiglio presidenziale con sede a Tripoli ha sfiduciato, attuando una vecchia decisione del 2018 della Camera dei rappresentanti, il parlamento libico dell’Est. All’epoca, questo aveva nominato Mohammed al-Shukri in sostituzione di al-Kabir, ma nel frattempo ha rivisto la sua posizione a favore di Kabir. Intanto, Shukri ha già ha iniziato a rilasciare dichiarazioni da governatore della Banca, e dovrebbe insediarsi quanto prima, tra le proteste del presidente del Parlamento, Aguila Saleh, per il quale la sua nomina è “nulla”.
Fonti locali hanno parlato, ieri, al quotidiano panarabo Asharq al-Awsat, di una mobilitazione militare senza precedenti e dell’arrivo di forze armate dalla città di Misrata (ovest) a Tripoli, in concomitanza con la partenza di una forza del ministero dell’Interno del governo di “unità”, guidato da Abdul Hamid al-Dbeibah, per costringere al-Kabir a cedere le sue funzioni ad al-Shukri. Un funzionario della banca ha confermato le notizie riportate dai media locali, secondo cui la sede centrale di Tripoli era stata chiusa e svuotata del personale mercoledì, in seguito a minacce di assalto, dirette anche al governatore e i suoi collaboratori.
Secondo le fonti della stampa libica, l’inedito sostegno di Aguila Saleh ad al-Kabir sarebbe dovuta alla comunione di intenti contro un nemico comune, il primo ministro del governo di unità nazionale di Tripoli, Abdul Hamid Dbeibah.
Quello della Banca centrale non è l’unico scenario di primo piano in cui si manifestano le divisioni interne alla politica libica: la settimana scorsa, il parlamento ha emesso una serie di misure unilaterali volte a sfiduciare il governo di Tripoli e a revocare la carica di capo dell’esercito che gli accordi mediati dall’Onu avevano attribuito al consiglio presidenziale, per conferirla invece al già citato Aguila Saleh. Dure le repliche dei capi dell’Alto Consiglio di Stato, il senato di Tripoli, che però sono due, dal momento che Mohammed Takala e Khaled al-Mishri rivendicano entrambi la carica: questo mese, infatti, il secondo è stato eletto per un solo voto dei membri del Consiglio, insediandosi come successore di Takala, che però contesta la validità dello scrutinio.
A Tripoli, il caos politico ha già lasciato il posto, in più occasioni, allo scontro armato: il 9 agosto, milizie rivali tra loro ma entrambe affiliate al governo Dbeibah si sono affrontate facendo 9 morti nel sobborgo di Tajoura mentre, la settimana scorsa gruppi armati si sono mobilitati a causa della notizia che alcune milizie stavano cercando di prendere il controllo della Banca Centrale. Il responsabile per il settore IT della Cbl è stato rapito due giorni dopo, poi rilasciato, causando una chiusura temporanea della Banca.
Mentre a Tripoli regnano il caos e le divisioni, il fronte del generale Khalifa Haftar, appoggiato dal governo dell’est, sembra determinato a sfruttare la situazione: spalleggiato da Russia ed Egitto, quest’ultimo sta portando avanti una serie di forzature alle frontiere meridionali.
Due settimane fa, le truppe di Saddam Haftar, uno dei figli di Khalifa nonché capo delle forze di terra dell’Lna, si sono dirette infatti dall’est della Libia verso l’area di Ghat, al confine meridionale con l’Algeria. Sebbene il portavoce dell’Lna abbia smentito, diversi giornalisti ed esperti concordano nel pensare che Haftar voglia assicurarsi il controllo di aree strategiche come quella dell’aeroporto di Ghadames: per farlo, dice la stampa libica, avrebbe anche reclutato migranti provenienti dall’Africa subsahariana. Dietro le operazioni di Haftar sembrerebbe esserci l’ambizione di controllare le ricche risorse petrolifere del sud libico, che del resto sembrerebbero già fuori dal controllo dei due ministri del petrolio del Governo di unità nazionale (anche su chi debba rivestire questa carica, infatti, è in corso un contenzioso).
A inizio agosto, milizie affiliate ad Haftar hanno ordinato la chiusura del giacimento di Sharara, uno dei più importanti della Libia. Anche se non tutte le versioni concordano, sembra che l’operazione sia stata ordinata per colpire la società petrolifera spagnola Repsol, in ritorsione contro la Spagna, dopo un mandato di arresto per traffico d’armi notificato al figlio di Haftar, Saddam da parte di Madrid. Rafforzando la sua posizione a sud e a sud-ovest, sembra, Haftar punta anche al giacimento di Hammada, nonché alle miniere d’oro della frontiera meridionale, dove sta conducendo una dura operazione militare per sottrarle alle “bande ciadiane” che le sfruttano attualmente.
Sul fronte internazionale, le operazioni di Haftar hanno preoccupato l’Algeria, ma anche le Nazioni Unite, che non riescono a incidere nel processo di riconciliazione con la missione di supporto Unsmil, a maggior ragione da quando questa attende un nuovo capo, dopo le dimissioni di Abdoullìaye Bathily. E mentre ad est si moltiplicano accordi e colloqui con l’Egitto e la Russia, Dbeibah sembra sempre più vicino alla Turchia, con cui ha rafforzato la cooperazione militare, siglando un accordo che formalmente lascia campo libero alle operazioni dell’esercito turco sul suolo libico.