Può la vendita di una villa lussuosa di Malibù finanziare un’intera campagna vaccinale di un Paese africano? La risposta è sì, se parliamo di Guinea Equatoriale, dove la campagna vaccinale non è mai iniziata nonostante l’élite al potere sia già tutta stata vaccinata.
Ma andiamo con ordine.
Nel 2011 il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (Doj) ha sequestrato a Teodoro Nguema Obiang Mangue, detto Teodorin, figlio del Presidente Teodoro e oggi vicepresidente e primo nella linea di successione al potere, beni per decine di milioni di dollari: Nguema fu accusato, e condannato, per aver riciclato denaro proveniente in modo fraudolento da fondi pubblici e privati della Guinea Equatoriale, utilizzando società anonime con sede negli Stati Uniti per scudare i capitali e finanziare una vita sontuosa da studente prima, e da ricco villeggiante poi, in quel di Los Angeles. I beni sequestrati dalla giustizia americana includevano una flotta di auto di lusso, tra cui due Bugatti Veyron (un’auto da 1,1 milioni di euro prodotta in 450 esemplari), un aereo privato, una collezione di opere d’arte e di memorabilia costosi e una sontuosa villa sulla spiaggia di Malibù dal valore di 35 milioni di dollari. Al DOJ non tornavano i conti: come era possibile che Nguema, all’epoca ministro dell’Agricoltura, potesse permettersi una vita così opulenta nonostante uno stipendio inferiore ai 100.000 dollari l’anno?
Dopo aver perso l’opportunità di sequestrare altri beni che nel frattempo Nguema era riuscito a spostare fuori dagli Usa, gli Stati Uniti raggiunsero con lui un accordo extragiudiziale che prevedeva il pagamento di una multa da 30 milioni di dollari e la confisca di ciò che era stato possibile. In cambio, il politico africano ha ottenuto l’annullamento di un mandato di cattura internazionale. L’accordo prevedeva che il denaro proveniente dalla vendita dei beni sequestrati sarbbe stato donato ad associazioni e ong equatoguineane per sostenere la popolazione del Paese, che per l’80% vive con meno di un dollaro al giorno. Secondo Human Rights Watch, alla fine di agosto il Doj ha trasferito alle Nazioni Unite la somma di 19,2 milioni di dollari, che serviranno per approvvigionare 1,2 milioni di dosi del vaccino Moderna, nell’ambito del programma Covax dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Abbastanza per vaccinare l’intera popolazione del Paese, che tuttavia non può ancora cantare vittoria: secondo il giornale francese Mediapart infatti la maggior parte delle associazioni e degli enti benefici che in Guinea si potrebbero occupare della restituzione di beni, e dei vaccini, risponde direttamente alla First Lady, Constancia Mangue, madre di Teodorin.
In più, si tratta di una goccia nel mare: Human Rights Watch ha calcolato che l’ammontare del valore dei beni sequestrati a Nguema in giro per il mondo, oltre agli Usa anche nel Regno Unito, in Francia e Svizzera, ammonti a circa 237 milioni di dollari. Il 22 luglio il ministro degli Esteri britannico Dominic Raab ha affermato che Nguema ha partecipato ad “accordi contrattuali corrotti e sollecitazioni di tangenti, per finanziare uno stile di vita sontuoso in contrasto con il suo stipendio ufficiale come ministro del governo” annunciando sanzioni contro di lui: beni congelati e divieto di ingresso nel Regno Unito. In sua difesa, il governo equatoguineano ha annunciato la chiusura dell’ambasciata a Londra. Il 28 luglio la Corte di Cassazione francese ha poi confermato la condanna per appropriazione indebita e riciclaggio di fondi pubblici a carico di Nguema, una decisione che ha messo la parola “fine” su un contenzioso durato oltre 10 anni: 150 milioni di euro di beni sequestrati dal fisco francese, che a sua volta dovrà restituirli ai cittadini della Guinea Equatoriale, tre anni di carcere e 30 milioni di euro di multa. Anche qui, il governo equatoguineano ha annunciato la chiusura dell’ambasciata a Parigi, mentre la procura inoltrava all’Interpol la richiesta di un mandato di cattura internazionale.
Il fatto che la vendita di una sola villa possa finanziare un’intera campagna vaccinale nazionale restituisce bene il peso che la corruzione ha sull’economia guineana. Un peso sempre più insostenibile.