di Céline Camoin
Negli ultimi trent’anni, il 75% delle terre globali è diventato più arido, con un’accelerazione della degradazione del suolo causata da fattori umani e climatici, minacciando sicurezza alimentare ed economie, specialmente in Africa e Medio Oriente.
I tre quarti delle terre del pianeta sono diventate permanentemente più aride nel corso degli ultimi trent’anni. Lo evidenzia un rapporto della Convenzione delle nazioni Unite per combattere la desertificazione (Unccd), il “Global Aridity Trends Report”, reso noto in occasione della conferenza Cop16 sulla desertificazione in corso a Riad, in Arabia Saudita. Il dato riflette un’accelerazione nella degradazione del suolo, influenzata da fattori umani e climatici. Questo fenomeno ha impatti rilevanti, in particolare in Africa e Medio Oriente, dove la desertificazione, la perdita di produttività agricola e la scarsità d’acqua stanno minacciando la sicurezza alimentare e le economie locali.
La degradazione del suolo colpisce infatti oltre il 40% delle terre in Africa, compromettendo la capacità di produrre cibo e alimentando conflitti legati alla scarsità di risorse. La regione del Sahel è particolarmente vulnerabile, con cicli di siccità sempre più intensi e frequenti. Il rapporto indica il Sud Sudan e la Tanzania come nazioni con la più alta percentuale di territorio in transizione verso zone aride, mentre la Cina è il Paese con la più grande area totale in transizione da zone non aride a zone aride.
Il Medio Oriente affronta un rapido declino delle riserve di acqua dolce, aggravato dall’uso insostenibile delle risorse idriche sotterranee e dai cambiamenti climatici.
Entrambe le regioni sono segnate da un’espansione urbana non pianificata e pratiche agricole insostenibili, che intensificano la perdita di biodiversità e la degradazione del suolo. Le zone aride coprono ormai circa 4,3 milioni di km², un’area quasi un terzo più grande dell’India, il settimo paese più grande del mondo. Queste zone aride ora coprono il 40,6% delle terre del globo escluso l’Antartide.
Questo rapporto sottolinea l’urgenza di agire non solo a livello regionale ma anche globale, poiché la salute del suolo è strettamente connessa alla biodiversità, al cambiamento climatico e alla stabilità economica. L’adozione di soluzioni basate sulla natura e il ripristino dei terreni degradati sono strategie chiave per affrontare le sfide attuali e garantire un futuro sostenibile.
Gli esperti sottolineano infatti che investimenti nel ripristino delle terre degradate potrebbero generare benefici economici e ambientali significativi. Ogni dollaro speso potrebbe restituire fino a 30 dollari in benefici per le comunità locali, migliorando sicurezza alimentare, accesso all’acqua e mitigazione climatica. L’uso di pratiche rigenerative, come il recupero delle falde acquifere e la promozione di un’agricoltura più sostenibile, è fondamentale. Anche l’inclusione delle comunità locali, in particolare donne e giovani, è cruciale per il successo delle iniziative. Si raccomanda anche di puntare all’obiettivo di neutralità nella degradazione del suolo, che dovrebbe essere condivido da oltre 100 Paesi per il 2030, e che punta a evitare, ridurre e invertire la perdita di suolo attraverso politiche e interventi coordinati.