Di Ornella Ordituro – Centro studi AMIStaDeS
Gli abusi sessuali continuano a essere, in modo inequivocabile, la principale forma di violenza sulle donne nei conflitti armati globali. Al momento in cui si scrive, aumentano le segnalazioni di violenze sessuali e tratta di esseri umani in Ucraina a causa dell’invasione russa in corso. Allo stesso modo, l’ONU riconosce e denuncia la portata delle violenze sessuali nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), dove, dal 2020, la situazione umanitaria è notevolmente peggiorata.
Sempre più donne sono abusate e usate come schiave del sesso al servizio delle milizie occupanti nel cosiddetto “triangolo della morte”: gravi e sistematici stupri nella provincia di Tanganika, nella zona est della Repubblica Democratica del Congo; nel sud e nord Kivu (dove l’Ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e Mustafa Milambo sono stati uccisi); in Ituri e Maniema, dove i conflitti tra milizie statali e gruppi armati ribelli sono una costante.
Le vittime di violenze
Violenti scontri tra il gruppo armato M23 e le forze armate della RDC (FARDC) sono avvenuti nelle ultime settimane nei territori di Rutshuru e Nyiragongo, in Nord Kivu, che hanno costretto decine di migliaia di persone a lasciare le proprie case. Sono soprattutto giovani donne le vittime anche nella città di Salamabila, nella provincia di Maniema orientale della RDC, dove si registrano combattimenti tra gruppi armati per l’accesso a risorse naturali, spesso accompagnati da attacchi alla popolazione civile. Rapimenti, saccheggi e distruzione di beni civili sono all’ordine del giorno. Le vittime riportano di essere state rapite da gang di stupratori composte anche da più miliziani alla volta, che hanno fatto irruzione nei villaggi e ucciso quei familiari che hanno cercato di difenderle. Le probabilità di trovare i colpevoli e le pene, quando previste, sono molto basse e il senso di abbandono getta le vittime in uno sconforto ancora più grande, tale da farle sentire doppiamente condannate. Spesso hanno l’istinto di suicidarsi come primaria reazione all’accaduto; soffrono di ansia; si vergognano e si sentono colpevoli; escluse dalla società perché “macchiate” di un peccato che avrebbero potuto evitare.
Un approccio “olistico” alle cure
Durante la seconda guerra civile del Congo, nel 1999, il ginecologo Denis Mukwege ha fondato il Panzi Hospital, con l’intenzione di realizzare un centro di eccellenza per la salute materna. In quegli anni di conflitto, tuttavia, le donne che arrivavano erano soprattutto vittime di abusi e gravidanze indesiderate. Il team del Panzi Hospital ha così mutato le sue priorità e convertito il centro in un ospedale di cure emergenziali per le donne vittime di violenze sessuali. La novità portata dallo stesso Mukwege fu proprio un approccio “olistico” alle cure. A tal proposito, il metodo per sostenere e assistere le vittime è a 360 gradi. In primo luogo, le donne erano, e sono, curate dal punto di vista fisico, psichiatrico e psicologico, contemporaneamente ad altri tipi di aiuto: legale e socioeconomico, per esempio attraverso la formazione per supportare le vittime a programmare un altro futuro. A distanza di vent’anni, l’approccio “olistico” – grazie al quale Mukwege è stato insignito del Premio Nobel per la pace nel 2018 –, è risultato vincente ed è diventato un modello da seguire.
L’istituzione della Corte Penale Internazionale (CPI) e la sentenza ‘Bemba’
Gli anni Novanta del Novecento sono stati caratterizzati dai numerosi conflitti armati a bassa intensità che vedevano coinvolti uno o più gruppi armati all’interno dello stesso Paese (conflitti armati non internazionali); mentre, erano meno comuni i conflitti tra le forze armate di due o più Stati (conflitti armati internazionali). La cristallizzazione della disciplina del crimine di stupro nell’ambito dei crimini di guerra arriverà con l’istituzione e l’entrata in vigore della CPI nel 2002. Il suo Statuto include espressamente la fattispecie di stupro nelle categorie dei crimini di guerra e stabilisce che può assumerne la natura sia nell’ambito dei conflitti armati di carattere internazionale sia quelli di carattere non internazionale.
Fin da subito la CPI ha emesso numerosi mandati d’arresto, ma il primo, fino a questo momento, che ha avuto come capo di imputazione il reato di stupro qualificato come crimine di guerra è stato il caso di Jean Pierre Bemba Gombo. Si tratta dell’ex Vice-Presidente, uomo d’affari, politico e capo di una milizia della RDC. Bemba Gombo venne arrestato e condannato per aver spinto i suoi uomini a commettere crimini di guerra, quali stupri, saccheggi e omicidi nella Repubblica Centrafricana tra l’ottobre del 2002 e il marzo del 2003. La sentenza venne però ribaltata in appello nel 2018 e Bemba Gombo è stato assolto con formula piena. Nonostante il capovolgimento della decisione della CPI, la sentenza di primo grado costituisce un importante contributo giurisprudenziale per la definizione del crimine di stupro entro la cornice del diritto penale internazionale.
Il ‘Trust Fund for Victims’ (TFV)
Alla luce di quanto rilevato in merito all’impatto che il crimine di stupro ha sulla vittima, accanto alla CPI è stato istituito un fondo fiduciario, il Trust Fund for Victims, creato per volere degli Stati firmatari dello Statuto di Roma nel 2004. Tale organismo si occupa di fornire assistenza attraverso programmi di supporto per la salute mentale e la riabilitazione fisica e indennizzo alle vittime e alle loro famiglie dei crimini internazionali che ricadono nella giurisdizione della CPI. Tale supporto è vitale in contesti in cui lo Stato è assente.
Conclusioni
Pur considerando le evoluzioni analizzate, le violenze ai danni delle donne restano un abuso ancora largamente praticato, di cui le stesse vittime tendono a vergognarsi, in aggiunta ai terribili traumi fisici e psicologici: esse sono anche stigmatizzate e accusate dalle loro stesse famiglie che tendono a ripudiarle, piuttosto che a denunciare quanto accaduto. Nei casi esaminati in RDC emerge che le organizzazioni umanitarie presenti sul territorio denunciano la scarsa presenza dei governi locali rispetto al controllo di alcune zone in cui vi sono le milizie di ribelli (ad esempio, in Nord Kivu), soprattutto a tutela delle vittime, ma anche un troppo debole sostegno alle stesse, che con il tempo tendono a “normalizzare” l’accaduto. Salvo l’enorme lavoro delle organizzazioni umanitarie (soprattutto Medici Senza Frontiere) e del Panzi Hospital, le vittime non sono tutelate con programmi specializzati di riabilitazione fisica e psicologica statali, non ricevono aiuti di tipo economico per essere sostenute durante il periodo di convalescenza. Le conseguenze economiche per le stesse sono spesso devastanti, poiché sono spesso colpevolizzate, abbandonate dalle famiglie, escluse dalla società e impossibilitate a lavorare per i problemi fisici e psicologici.
Approfondimenti:
https://www.africarivista.it/crimini-di-guerra-dallucraina-alletiopia-le-donne-sono-le-prime-vittime/207160/
https://www.africarivista.it/rdc-linferno-delle-miniere-di-coltan-e-cobalto/185208/
https://www.africarivista.it/rd-congo-i-dannati-dellindustria-hi-tech/192460/
https://www.amistades.info/_files/ugd/1e8357_dda721853055422aafe073e33ce156dc.pdf
https://drcongo.un.org/fr/about/about-the-un
https://www.mukwegefoundation.org/
https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/news/violenza-sessuale-rdc/
https://www.medicisenzafrontiere.it/wp-content/uploads/2021/07/2021_07_14_MSF_DRC_SEXUAL_VIOLENCE_REPORT.pdf
https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/news/nord-kivu-sfollati-violenze/
https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/news/congo-violenze-ituri/