È stata senza precedenti per l’isola di Mauritius la manifestazione di protesta che ha visto scendere in piazza, sabato, decine di migliaia di persone nella capitale Port-Louis. Proteste, benché di tenore minore, sono state organizzate dalla diaspora delle Mauritius a Londra, Parigi e Perth.
Sotto accusa, il governo di Pravind Jugnauth e in generale le autorità mauriziane per la cattiva gestione della crisi legata al naufragio della petroliera Wakashio e alla successiva marea nera, all’origine di una catastrofe ambientale. Ma il disastro che ha messo sotto i riflettori l’isola turistica non è stato l’unico motivo dei dimostranti.
Sabato sono le derive di tutto un sistema politico che sono finite sotto accusa. . «Dopo cinquantun anni d’indipendenza, abbiamo conosciuto solo due dinastie, due famiglie, al potere, con un breve interludio (…). Si sono diffuso il nepotismo, la corruzione, lo spreco di denaro pubblico, la meritocrazia è scomparsa, alcune comunità, in particolare d’origine africana, sono escluse dalla pubblica amministrazione. Il naufragio della Wakashio è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso» ha affermato Tong a Tv5Monde.
In piazza, secondo giornalisti e testimoni, era soprattutto la classe media, piccoli imprenditori, famiglie colpite dalle conseguenze della crisi economica scaturita dal coronavirus, esponenti della società civile e dell’opposizione politica.
«Vogliamo un Paese guidato da leader che lavorino nell’interesse del popolo, non nel proprio interesse o per il denaro» ha detto una manifestante davanti alle telecamere.