Il confine meridionale algerino è sempre più caldo e non è l’arrivo della stagione secca a esserne responsabile. Secondo diverse immagini video diffuse sui social, che InfoAfrica ha potuto verificare e dei quali può confermare l’attendibilità, centinaia di cittadini maliani residenti o migrati in Algeria sarebbero protagonisti di una campagna di espulsione di massa, non è chiaro quanto ufficiale e quanto ufficiosa, messa in atto dalle autorità algerine.
Negli ultimi giorni le autorità algerine hanno rivisto le politiche di visto a diversi gruppi di turisti, anche provenienti dall’Italia, concedendo i visti, ma non per la regione di Djanet. Fonti locali citate da Sahara reporters inoltre sostengono che nelle ultime due settimane centinaia di cittadini maliani sono stati arrestati in tutto il Paese, prelevati con la forza e trasferiti in un campo di detenzione vicino al confine con il Niger, proprio nella regione di Djanet, in condizioni precarie e degradanti. In Algeria, per i maliani, tira una brutta aria. Diversi altri video pubblicati sui social (X e TikTok in particolare) da utenti algerini mostrano le vessazioni e le violenze, perlopiù verbali ma non solo, alle quali i cittadini maliani in Algeria sono quotidianamente sottoposti da quando le relazioni tra Algeri e Bamako hanno ripreso a deteriorarsi, in particolare dall’inizio di aprile. La scorsa settimana, dopo la pubblicazione da parte delle autorità maliane di una lettera ufficiale del governo alle Nazioni Unite, la situazione in Algeria si è aggravata e questo genere di video sono letteralmente decuplicati sui social.
L’ondata di espulsioni di maliani sembra essere una misura di ritorsione di Algeri nei confronti di Bamako e, come spesso accade, i migranti vengono utilizzati come strumento di pressione diplomatica, in un contesto in cui la cooperazione regionale è fondamentale per contrastare i gruppi armati e i trafficanti di esseri umani che operano nel Sahel. Secondo un’intervista di Deutsche Welle a Ousmane Diarra, dell’Associazione maliana degli espulsi, che difende i diritti dei migranti maliani in Algeria, attualmente “la situazione dei migranti maliani e subsahariani che si trovano in Algeria è estremamente difficile”. Una condizione di difficoltà in cui oggi subentra anche la paura. “Non possono uscire, hanno paura di andare al mercato o al posto di lavoro”, dice Diarra. Passando nuovamente dalla vita reale a quella online, la denuncia di Diarra è evidente sui social: #AlgérieauxAlgériens è uno degli hashtag su X più di tendenza in questi giorni e il dibattito sui social è accesissimo ma, a leggere i post, gli utenti algerini si dividono tra quelli razzisti e violenti e quelli decisamente più accoglienti e moderati: “Vergogna a chi diffonde discorsi razzisti o xenofobi, l’Algeria è una terra africana aperta alla fratellanza” scrive qualcuno, denunciando il “tentativo di seminare odio” in una società, quella algerina, nota per la sua capacità di accoglienza.
Oggi l’Algeria non è più considerata un Paese di passaggio, ma una destinazione per molte persone di origine subsahariana: molti di loro, in particolare cittadini maliani, nigerini, sono in fuga dalla guerra nel Sahel mentre altri si sono spostati alla ricerca di lavoro, in particolare nel settore edilizio. Molti migranti subsahariani in Algeria si guadagnano da vivere con piccole attività di commercio, in particolare vendendo occhiali e sigarette. Questione diversa per le donne subsahariane che, private dell’accesso al lavoro, sono spesso costrette a mendicare.