di Céline Camoin
Numeri record di decessi legati al terrorismo nel Sahel hanno segnato la prima metà del 2024. Lo riportano i dati raccolti dall’Acled (Armed Conflict Location & Event Data crisis monitoring group). Nonostante la dichiarata intenzione dei leader dell’Alleanza degli Stati del Sahel di combattere gli insorti islamici, la violenza è aumentata in questi Paesi.
Hanno raggiunto un numero record nella prima metà del 2024 i decessi legati alle violenze terroristiche nei tre Stati del – Sahel Mali, Burkina Faso e Niger – guidati da giunte militari golpiste. Il triste traguardo emerge da dati raccolti dall’Acled (Armed Conflict Location & Event Data crisis monitoring group) che registra nel periodo menzionato 7.620 decessi, con un aumento del 9% rispetto allo stesso periodo del 2023, del 37% rispetto al 2022 e di uno sbalorditivo 190% rispetto al 2021.
“Una serie di colpi di Stato militari in negli ultimi anni hanno trasformato le dinamiche militari nella regione, spostando l’assistenza bilaterale dai tradizionali partner occidentali come Francia e Stati Uniti alla Russia, attraverso mercenari del Wagner Group e del suo successore, Africa Corps. Nonostante questi cambiamenti sismici, sia l’insurrezione islamista guidata dalla propaggine locale di al-Qaeda, la Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin (Jnim), sia il conflitto nella provincia del Sahel portato avanti dall’organizzazione Stato islamico, si sono intensificati e accresciuti”, affermano gli analisti.
In un contesto di sicurezza in deterioramento, “lo Stato islamico nel Sahel è uno degli attori armati più violenti e attivi della regione. Ha sfruttato strategicamente il vuoto di sicurezza creato dal ritiro delle truppe francesi per espandere la sua sfera di influenza nella regione di confine tri-statale di Liptako-Gourma, in particolare nelle parti settentrionali della regione di Menaka in Mali”.
Il rapporto di gennaio 2023 dell’Acled ha tracciato l’evoluzione dello Stato islamico nel Sahel in tre periodi distinti, dalla sua comparsa alla sua ascesa come attore non statale armato chiave nel Sahel: le operazioni iniziali sotto l’egida dello Stato islamico nel Grande Sahel, la sua integrazione ed espansione come parte della Provincia dell’Africa occidentale dello Stato islamico (2019-2022) e la sua istituzione come “Provincia autonoma del Sahel” dello Stato islamico con un focus sul consolidamento del controllo territoriale (2022-oggi). Dalla pubblicazione di quel rapporto, lo Stato islamico Sahel “ha continuato ad allontanarsi dalla violenza di massa verso una governance più strutturata e un controllo territoriale ampliato, in particolare nelle regioni maliane di Menaka e Gao. Il gruppo ha dovuto affrontare delle sfide da quando è diventato più “territoriale”, esponendo il gruppo e le comunità che vivono sotto il suo controllo ad attacchi aerei e operazioni militari, con conseguente perdita di diversi leader locali e membri senior”.
Secondo i media e la propaganda del gruppo, la struttura organizzativa dello Stato islamico Sahel è divisa in quattro regioni: Burkina Faso, Muthalath (triangolo o regione di confine tra i tre Stati), Anderamboukane (che prende il nome dall’omonima città di confine nella regione di Menaka in Mali) e Azawagh (il nome tuareg che si riferisce alle terre di confine tra Mali e Niger tra le regioni di Menaka, Tillaberi e Tahoua).
Nonostante la dichiarata intenzione dei leader dell’Alleanza degli Stati del Sahel (i tre Paesi già citati) di combattere gli insorti islamici, la violenza è aumentata in questi Paesi, afferma l’Acled. Sia Stato islamico che Jnim hanno sfruttato le conseguenti lacune di sicurezza e intensificato le loro operazioni nel tentativo di affermare che i loro modelli di governance sono l’unica alternativa praticabile ai precedenti regimi quasi democratici e militari esistenti.
Tuttavia, poiché lo Stato islamico Sahel ha consolidato il controllo territoriale su gran parte del Liptako-Gourma, le forze governative, assistite dai mercenari Wagner e dalle milizie filo-governative, hanno intensificato le operazioni via terra e via aria per sloggiare il gruppo. Questi sforzi hanno portato a perdite significative per il gruppo terrorista, tra cui l’uccisione o la cattura di diversi comandanti e membri anziani.
Ad esempio, in Niger, il numero di attacchi aerei e con droni contro Stato islamico Sahel e le relative vittime hanno raggiunto il massimo storico nel dicembre 2023. Le operazioni delle forze nigerine si sono estese anche oltre confine nella regione di Menaka in Mali, come è avvenuto nell’ottobre 2023, quando l’aeronautica militare nigerina ha effettuato un attacco con droni che avrebbe ucciso oltre 160 persone, tra cui civili e militanti nella roccaforte di Tabankort. Allo stesso modo, le forze maliane hanno ucciso diversi comandanti e membri senior in una serie di operazioni.
Un importante baluardo contro l’espansione dello Stato islamico nel Sahel è rappresentato dal suo rivale jihadista, lo Jnim. Nella prima metà del 2020, gli scontri con lo Jnim hanno spinto lo Stato islamico Sahel fuori dal Mali centrale, dal Burkina Faso centrale e orientale e dal complesso strategicamente importante W-Arly Pendjari (Wap), dove si intersecano i confini di Burkina Faso, Niger e Benin. Il conflitto si è intensificato nel 2023 quando i due gruppi si sono contesi la supremazia nella regione di confine dei tre Stati, con conseguenti oltre 300 morti segnalate. Dopo diversi attacchi mortali dello Stato islamico all’inizio del 2023, lo Jnim ha mobilitato centinaia di combattenti da diverse regioni per una grande offensiva nella Gourma del Mali tra aprile e luglio, superando con successo diverse basi abbandonate dal nemico. Per rappresaglia, Stato islamico Sahel ha attaccato diverse posizioni Jnim nell’area di Boulikessi, uccidendo decine di combattenti.
Contrariamente al 2023, l’intensità del conflitto tra i due gruppi jihadisti è diminuita nel 2024. Finora, circa 50 combattenti sono stati uccisi negli scontri intestini di quest’anno al 31 luglio.
Nonostante gli sforzi di riorganizzazione, secondo il rapporto, lo Stato islamico Sahel soffre di un continuo logoramento, in particolare a causa delle operazioni delle forze militari maliane e nigerine e di Wagner. In particolare, le vulnerabilità da quando il gruppo è diventato più territoriale potrebbero indicare debolezze nei loro ranghi che potrebbero essere ulteriormente sfruttate dalle forze di controinsurrezione. Le varie fazioni all’interno del gruppo dimostrano come le dinamiche di potere interne siano modellate dalla pressione militare esterna. Comprendere queste fazioni interne può far luce su potenziali fratture che potrebbero indebolire il gruppo e portare alla frammentazione.