Tigray, Eritrea ammette presenza e promette ritiro

di Enrico Casale

L’Eritrea ha dichiarato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che ritirerà le proprie truppe dalla regione del Tigray, in Etiopia, riconoscendo pubblicamente per la prima volta il coinvolgimento nel conflitto.

L’ammissione arriva con una lettera che è stata inviata alle Nazioni Unite ed è stata pubblicata online dal Ministero dell’Informazione dell’Eritrea il giorno dopo che Mark Lowcock, responsabile dell’UnRelief, aveva detto che non c’erano prove del ritiro dei soldati eritrei.

«Poiché la grave minaccia incombente è stata sventata, Eritrea ed Etiopia hanno concordato – ai massimi livelli – di procedere al ritiro delle forze eritree e al simultaneo ridispiegamento dei reparti etiopi lungo il confine internazionale”, ha scritto l’ambasciatrice eritrea all’Onu, Sophia Tesfamariam.

Le forze eritree hanno aiutato le truppe del governo federale etiope a combattere l’ex partito al governo del Tigray in un conflitto iniziato a novembre. Tuttavia, fino ad ora l’Eritrea aveva ripetutamente negato che le sue forze si trovassero nella regione montuosa. Il primo ministro etiope Abiy Ahmed il mese scorso aveva riconosciuto la presenza eritrea e le Nazioni Unite e gli Stati Uniti avevano chiesto che le truppe eritree si ritirassero dal Tigray.

Nel conflitto sono morte migliaia di persone e altre centinaia di migliaia sono state costrette ad abbandonare le proprie case. Lowcock ha detto che ci sono stati «rapporti diffusi e confermati di colpevolezza eritrea in massacri e uccisioni». «Abbiamo sentito false accuse di uso della violenza sessuale e della fame come arma’ – ha scritto venerdì Tesfamariam -. Le accuse di stupro e altri crimini mosse contro i soldati eritrei non sono solo oltraggiose, ma anche un feroce attacco alla cultura e alla storia del nostro popolo».

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