Forse sarà finalmente fatta luce sui misteri africani, dall’uccisione dei grandi rivoluzionari come Thomas Sankara e Patrice Lumumba, ai tanti, troppi golpe che hanno stravolto il panorama politico del continente dopo l’indipendenza. E forse avremo una luce nuova con cui leggere i fatti che avvengono sotto i nostri occhi: omicidi politici, massacri impuniti, sparizioni di attivisti, “testimoni scomodi”, giornalisti indipendenti.
Prendiamo, ad esempio, l’oscura fine del difensore dei diritti umani congolese Floribert Cebeya, il fondatore dell’associazione «La voix de sans voix» di Kinshasa. Quando lo incontrammo nel 2006 ci raccontò le violazioni dei diritti umani compiute dal governo di Joseph Kabila. Quattro anni dopo, il 2 giugno 2010, venne convocato dalla polizia: fu ritrovato morto poche ore dopo. L’autista che lo aveva accompagnato sparì senza lasciare tracce. Questa è solo una delle tante, troppe storie irrisolte che proiettano un’ombra sinistra sulla politica africana.
Per tentare di far emergere la verità è nata AfriLeaks, una nuova piattaforma web che – in cambio della garanzia di anonimato assoluto – raccoglie dati sensibili, dossier, testimonianze. Verifica le informazioni. E le divulga attraverso Internet e la carta stampata.
A dispetto del nome, AfriLeaks non è la versione africana di Wikileaks. Una grossa differenza separa le due realtà, come mettono da subito in chiaro i promotori della piattaforma: se la creatura di Julian Assange raccoglie dati sensibili e documenti riservati e li rende pubblici, Afrileaks sarà invece un network che connetterà i cosiddetti «whistleblowers» – le «gole profonde» usate dai cronisti come fonti di notizie riservate – direttamente con le redazioni giornalistiche, in maniera che le informazioni ricevute non siano divulgate in modo grezzo, ma diventino la base per inchieste e approfondimenti. Sono proprio alcune redazioni africane particolarmente note per il loro lavoro di “cani da guardia del potere” ad aver promosso la nascita di AfriLeaks, allo scopo di stanare politici e uomini d’affari che abusano del loro potere e per svelare con più forza abusi dei diritti umani e casi di corruzione. Tra questi coraggiosi giornali, spiccano il sudafricano «Mail & Guardian», il keniano «Daily Nation» e il nigeriano «Premium Times».
Chi è in possesso di informazioni sensibili, da oggi, può caricarle sul sito afrileaks.org in maniera anonima e ragionevolmente sicura (attraverso la piattaforma Tor e su modello di GlobaLeaks, una piattaforma europea di condivisione in anonimato) e diffonderle senza mettere a repentaglio la propria vita. E questa è la prima buona notizia di AfriLeaks.
Giusy Baioni