Sono trascorsi undici anni dal drammatico gesto con cui il giovane Mohamed Bouazizi diede inconsapevolmente il via alla Rivoluzione dei gelsomini e alla cosiddetta stagione delle Primavere arabe. Era il 17 dicembre del 2010 quando Bouazizi, venditore ambulante di Sidi Bouzid, si diede fuoco in segno di protesta contro gli agenti di polizia che gli avevano confiscato la merce e lo avevano umiliato. Bouazizi morì il successivo 4 gennaio, ma il suo gesto e poi la sua morte innescarono una rivolta che portò il 14 gennaio alla caduta dell’allora presidente Zine El Abidine Ben Ali.
A undici anni da quel giorno, la Tunisia ha attraversato una trasformazione profonda e una transizione che di fatto non è ancora conclusa. Le questioni sociali ed economiche che avevano innescato le proteste sono ancora lì. E questo mancato sviluppo, secondo diversi osservatori, resta una delle sfide più grandi e dei rischi maggiori che i vari governi non sono riusciti ancora disinnescare. Sfide a cui si sono aggiunte le conseguenze dirette e indirette della pandemia.
Un quadro reso incerto da un quadro politico ancora in subbuglio. Proprio nei giorni scorsi, il capo dello Stato Kais Saied ha prorogato la sospensione del parlamento fino alla fine del 2022, quando si terranno elezioni legislative. E ha fissato per il 25 luglio un referendum su un nuovo testo della Costituzione su cui lavoreranno degli esperti.
Un programma che non è stato accolto da favore unanime. Proprio oggi, contro questo programma, sono state convocate manifestazioni da parte di alcune sigle politiche, tra cui la Corrente Democratica, il Partito Repubblicano ed Ettakatol. Nei giorni scorsi, il segretario generale del Partito Repubblicano, Issam Chebbi, ha criticato in conferenza stampa le decisioni del presidente, accusandolo di continuare a dividere i tunisini e a “portare un colpo di Stato contro la costituzione e la democrazia”.
Da parte sua , il segretario generale di Ettakatol, Khalil Zaouia, ritiene che le decisioni di Kais Saied sono diventate un serio pericolo per lo Stato. “Il presidente è contro tutti, compresi coloro che lo hanno sostenuto, e passeremo dalla difesa della democrazia alla resistenza”.
Secondo vari osservatori, Saied continua però a godere di un certo sostegno popolare e più in generale sembra esserci convergenza, in alcuni ambienti del Paese, sull’apertura di un percorso che porti la Tunisia a trasformarsi in una repubblica presidenziale, con più ampi poteri per il capo dello Stato.