A quattro anni dalla Rivoluzione dei gelsomini, in Tunisia rimane profondo il disagio sociale ed economico. A testimoniare questo malessere è l’elevato tasso di suicidi registrato nel Paese nel 2014. Secondo il rapporto annuale del Forum tunisino per i diritti economici e sociali, lo scorso anno si sono registrati 203 casi di suicidio, di cui il 76% di sesso maschile e il 24% di sesso femminile. Il vero dramma è che a togliersi la vita sono sempre più spesso i bambini. Lo scorso anno, si sono stati registrati 18 casi di suicidio infantile, nella maggior parte dei quali sono rimasti vittime bambini delle zone interne più povere. Dei 18 bambini, 12 erano femmine.
Le cause di questo aumento, secondo il rapporto, sono legate alle condizioni economiche drammatiche in cui versano molte famiglie di questi bambini, ai quali inoltre manca un inquadramento psicologico e un’assistenza sociale nel quadro delle strutture educative. «Il motivo principale per il suicidio di un bambino è il senso si insicurezza generato dalla negazione dei bisogni primari ed essenziali, come vestiti decenti, cibo sano e giochi», ha dichiarato Salma Abdelkafi, specialista in Psicologia infantile. Ciò avviene in modo particolare nelle province interne della Tunisia. Qui, la miseria costringe i padri a lasciare le famiglie per cercare lavoro nelle città principali. Questo distacco, secondo Salma Adbelkafi, crea «un clima di attesa nella speranza di un miglioramento della situazione che a sua volta provoca uno stato di ansia nel bambino, seguito da delusione e frustrazione fino alla depressione».
Non va tralasciato neanche l’effetto emulazione. Va ricordato che la rivolta che portò alla caduta del Presidente Ben Ali fu innescata proprio da un suicidio allorché Mohamed Bouazizi, un venditore ambulante, si diede fuoco in segno di protesta contro le vessazioni, la povertà e il disagio psicologico. Quel gesto simboleggia tuttora la sofferenza che molti tunisini vivono quotidianamente. E, nonostante non sia la soluzione adatta per liberarsi di questo malessere sociale, in Tunisia il suicidio è diventato un modo per non dover più convivere con le difficoltà legate alla povertà.
Il Governo di Tunisi, tra moltissime difficoltà, si sta impegnando nel promuovere lo sviluppo favorendo gli investimenti stranieri e creando i presupposti infrastrutturali per una crescita del Paese e, quindi, lo sradicamento della povertà. Ma questi sono obiettivi che daranno risultati solo nel medio-lungo periodo. Nel frattempo, per tamponare questo fenomeno, l’Esecutivo sta cercando di delineare un percorso formativo che spinga gli studenti a essere coinvolti e a non sentirsi alienati o in una condizione di inferiorità. Il Governo ha poi annunciato che verranno lanciati una serie di progetti integrati nei quali vengano coinvolti la società civile, la sanità e l’istruzione.