La Tunisia è di nuovo sull’orlo del baratro? Da alcuni giorni, si susseguono forti proteste contro il carovita e le politiche economiche del governo. In questi giorni, sembra di rivivere le concitate fasi in cui nel 2010 prese il via la Rivoluzione dei gelsomini, la rivolta che aprì la stagione delle Primavere arabe.
Ieri, secondo quanto riporta l’agenzia AnsaMed.info, nella centrale Avenue Bourguiba a Tunisi, il movimento popolare apartitico denominato #Fech_Nestanew («Cosa stiamo aspettando»), è sceso in strada per denunciare il forte aumento dei prezzi e la politica del governo, chiedendo il ritiro della Legge finanziaria 2018 e annunciando una nuova manifestazione per sabato 13 gennaio.
I disordini hanno interessato anche altre città: Thala, Kasserine, Sbeitla, Bouhajla, Oueslatia (Kairouan), Douz, Kebili, Gafsa, Tebourba, con devastazioni e feriti. I manifestanti hanno attaccato il posto di polizia di El Battan alla Manouba bruciando l’ufficio del comandante, l’agenzia delle Finanze di El Gtar a Gafsa rubando una quantità di tabacchi lavorati, il deposito comunale di auto della regione rubando due autoveicoli e due moto, un supermercato a Cité Intilaka nei pressi della capitale, il deposito comunale di El Bassatine a Kasserine.
La polizia ha reagito con mano dura. Gli agenti hanno arrestato una cinquantina di persone per violenze e saccheggi e 14 ordinanze di custodia cautelare in carcere per reati contro il patrimonio e contro pubblici ufficiali. Lunedì ci è scappato anche il morto. È accaduto a Tebourba, non distante dalla capitale Tunisi, dove un 43enne dopo aver partecipato agli scontri è deceduto in ospedale, dove era arrivato in stato di asfissia. Le circostanze della sua morte non sono ancora chiare, bisognerà attendere l’esito dell’autopsia.
Il governo si è schierato contro le manifestazioni. Il premier Youssef Chahed ha definito gli eventi opera di «individui che saccheggiano, rubano, sottraggono beni altrui e aggrediscono i tunisini» precisando che «il diritto di manifestare è garantito dalla legge, ma il governo è disponibile ad ascoltare solo le rivendicazioni delle persone che protestano pacificamente».
Il partito islamico Ennahdha, seconda forza del Paese e parte della maggioranza parlamentare, ha condannato i saccheggi degli esercizi commerciali e il sabotaggio delle istituzioni statali e della proprietà pubbliche e private, accusando «alcuni partiti politici anarchici di sinistra» di approfittare delle rivendicazioni dei manifestanti per incitare il caos e atti di vandalismo». Ennahdha ha comunque chiesto al governo una maggiore attenzione alle esigenze dei cittadini e un maggiore sostegno alle regioni sfavorite. Anche il partito di maggioranza relativa, Nidaa Tounes, condanna le violenze e invita a sostenere le istanze popolari.
Il leader dell’opposizione Hamma Hammami del raggruppamento di sinistra Fronte Popolare ha invece accusato la coalizione di governo di essere responsabile delle violenze annunciando una manifestazione per chiedere il ritiro della Legge finanziaria 2018 per il 14 gennaio, data simbolo della rivoluzione dei gelsomini.