Redazione AMIStaDeS
Al crocevia tra luoghi, culture ed epoche, la Tunisia è spesso considerata una storia di successo relativamente alla sua transizione democratica, se paragonata ad altri Paesi della regione che erano stati ugualmente protagonisti delle Primavere arabe nel 2011. A 11 anni dalla Rivoluzione dei Gelsomini, però, il Paese affronta una situazione politica incerta.
La mossa del Presidente Saïed
Se i dieci diversi governi che si sono susseguiti negli ultimi dieci anni non sono riusciti a portare avanti in maniera soddisfacente il processo iniziato con la rivoluzione, la decisione presa il 25 luglio scorso dal Presidente Kaïs Saïed di deporre l’ex primo ministro Hichem Mechichi, sospendere il parlamento per trenta giorni e rimuovere l’immunità giudiziaria per i membri del Parlamento non ha decisamente contribuito a creare un clima politico più stabile.
Tale presa di potere era stata giustificata a luglio nel quadro dell’art.80 della Costituzione, che conferisce al Presidente il potere di adottare misure d’emergenza per rispondere ad una situazione urgente che rischia di minare l’integrità, sicurezza o indipendenza del Paese. I dubbi sollevati da molti esperti sulla costituzionalità di tali scelte sono dovuti al mancato rispetto del Presidente delle pre-condizioni necessarie per l’attuazione di tale articolo, tra cui la consultazione con il Primo Ministro in carica e il Presidente dell’Assemblea del Popolo. Inoltre, il fatto che in Tunisia una Corte costituzionale non fosse stata ancora creata, ha reso difficile il pieno rispetto di tale articolo.
Sebbene la presa di potere da parte del presidente fosse stata accolta con grande euforia da una buona parte della popolazione, tale iniziale supporto ha lasciato il posto ad una crescente instabilità politica e a timori di un allontanamento dai principi democratici tanto attesi dopo la rivoluzione del 2011. Il 22 settembre, infatti, Saïed, aveva dichiarato la sospensione dei capitoli della Costituzione che regolano i poteri legislativo ed esecutivo, e abolito l’Autorità Provvisoria per la revisione della costituzionalità dei progetti di legge, un organo provvisorio creato per sopperire alla mancata creazione di una Corte costituzionale.
Il futuro politico incerto
Sebbene la nomina del nuovo primo ministro Najla Bouden Romdhane, il 29 settembre 2021, e la composizione del nuovo governo annunciata l’11 ottobre scorso, formato principalmente da accademici e tecnocratici, siano serviti a dare un’immagine di un Paese liberto e aperto ad una governance più democratica, non sembrano essersi tradotti in ciò. Ad oggi, infatti, il governo sembra avere un potere decisionale limitato. Nonostante la decisione di indire un referendum costituzionale per il prossimo 25 luglio ed elezioni anticipate il 17 dicembre 2022, i diversi provvedimenti presi nelle ultime settimane dal Presidente Saïed fanno sorgere considerevoli dubbi su quello che sarà il futuro politico della Tunisia. Una delle decisioni che più di tutte ha fatto discutere è stata la decisione di sciogliere il Consiglio Superiore della Magistratura (CMS), l’11 febbraio scorso, e la sua sostituzione con un CMS provvisorio attraverso un decreto che vieta ai giudici di scioperare e legittima il Presidente a destituire qualsiasi magistrato che non adempia al suo dovere professionale.
Oltre alla magistratura, timori crescono anche nei confronti della società civile e dei media. Un progetto di legge recentemente trapelato dimostrerebbe la volontà delle autorità tunisine di dotarsi di strumenti giuridici per controllare maggiormente la società civile. Tale preoccupazione si aggiunge ai crescenti attacchi ai difensori dei diritti umani, oltre che alla libertà di stampa e di informazione. Solo pochi giorni fa, lo stesso presidente ha destituito il direttore della radio nazionale senza, tuttavia, spiegarne i motivi.
L’economia in bilico
L’iniziale sostegno che i tunisini hanno dimostrato nei confronti del presidente potrebbe venir meno se quest’ultimo non riuscisse a dare delle risposte concrete alle difficoltà socioeconomiche che ancora oggi, a undici anni dalla rivoluzione dei Gelsomini, affliggono il Paese. La pandemia di COVID-19 ha causato una contrazione del PIL dell’8,8% nel 2020 rispetto al 2019 e ha esacerbato vulnerabilità e disuguaglianze sociali preesistenti. Secondo l’Istituto nazionale di statistica tale contrazione economica ha, inoltre, portato ad un aumento significativo del debito pubblico e del tasso di disoccupazione, che è arrivato a toccare il 17,8% nel primo trimestre del 2021, rispetto al 15 % pre-pandemia, con tassi che secondo la Banca Mondiale toccano maggiormente le donne (23,8%) ed i giovani i tra i 15 e i 24 anni (40.8%) e in generale le regioni interne del Paese (Gabès, Kasserine, Jendouba, Kébili, Gafsa e Tataouine).
Tra i compiti urgenti del nuovo governo vi è, inoltre, quello di concordare un pacchetto di riforme fiscali e strutturali richieste dal FMI in cambio di un nuovo fondo esteso di 3-4 miliardi di dollari. Secondo le informazioni circolate, la bozza di accordo per il nuovo prestito prevede il contenimento della massa salariale pubblica, l’eliminazione di alcuni sussidi al consumo e la ristrutturazione di alcune imprese pubbliche. Il futuro della transizione politica tunisina non può quindi assolutamente prescindere da una transizione economica che prenda in considerazione i bisogni e le speranze più volte disattese di una popolazione sempre più scoraggiata e insofferente.
Fonti:
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/tunisia-la-democrazia-diretta-secondo-saied-33107
https://www.aljazeera.com/news/2021/8/24/tunisias-president-kais-saied-extends-suspension-of-parliament
https://www.dw.com/en/tunisia-president-promises-constitutional-changes-amid-opposition/a-59156269