La «guerra fredda» tra Egitto e Turchia si sposta dalle sabbie libiche al Mar Mediterraneo. Alla fine della settimana scorsa Egitto e Grecia hanno siglato un’intesa sui confini marittimi che tagliava fuori la Turchia. In risposta, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha deciso di tornare a mostrare gli artigli e ha ordinato la ripresa delle trivellazioni nel Mediterraneo orientale.
«La cancelliera tedesca Angela Merkel mi aveva chiesto di fermare le trivellazioni. Avevamo deciso di sospenderle perché loro avevano fiducia nella Grecia e in altri attori regionali, ma non ci siamo mai fidati davvero e avevamo ragione. Abbiamo ripreso immediatamente le trivellazioni», ha dichiarato Erdogan.
L’intesa tra Grecia ed Egitto, secondo quanto riporta l’agenzia Agi, è stata una risposta al precedente accordo sulla giurisdizione dei confini marittimi siglato a novembre tra Turchia e Libia. «Il nostro accordo con Tripoli è valido e lo faremo valere con decisione, soprattutto nei confronti di chi non ha diritti – ha detto ancora il presidente turco -. Mi chiedo cosa cerchino in quell’area la Grecia e l’Egitto. Dopo il nostro accordo con la Libia tutti si sono buttati dentro quella zona. l’accordo siglato tra loro non ha valore reale».
È lo stesso Erdogan a far sapere che nella zona contesa sarebbe stata già inviata la nave Barbaros Hayrettin. A detta del presidente turco, il governo greco «non ha mantenuto le sue promesse». Alla fine di luglio, Ankara aveva accettato di rinunciare «per un certo tempo» alle controverse trivellazioni vicino all’isola greca di Kastellorizo, vicinissima alla costa della città turca di Kas.
Praticamente, la Turchia in quel momento era sul punto di inviare una nave da ricognizione per verificare la presenza di giacimenti di gas. In reazione, Atene aveva mobilitato la propria Marina militare nell’Egeo, dichiarando lo stato d’allerta per le proprie truppe. Da quando sono state scoperte le riserve naturali nel Mediterraneo orientale, per cui anche di fronte alla costa di Cipro, le tensioni sul loro sfruttamento stanno decisamente infiammando tutta l’area.
A dichiarare i propri diritti sui territori marittimi sono Cipro, la Turchia e la Grecia. Il primo passo era stato quello di Ankara, con il suo accordo con il governo libico di Tripoli, volto ad estendere notevolmente i propri confini marittimi nell’area. In particolare Atene ha attaccato numerose volte e con grande durezza la Turchia per la corsa all’esplorazione di gas e al petrolio nelle zone marittime contese.
Non sorprende dunque che la prima reazione della Turchia all’accordo sui confini marittimi tra il Cairo e Atene sia stata a dir poco veemente.
«È un accordo che permette ad ambedue i Paesi di procedere nel massimo sfruttamento delle risorse disponibili presenti nella zona economica esclusiva concordata», ha detto il ministro egiziano Sameh Shukri all’incontro per la firma del trattato greco-egiziano al Cairo.
Dal canto suo, stato il ministro degli Esteri greco, Nikos Dendias, a definire l’accordo firmato ieri «l’esatto contrario» di quello, «da cestinare», sottoscritto l’anno scorso fra Ankara e il governo di Tripoli guidato da Fayez al-Serraj.
Prosegue quindi sul mare un confronto che da tempo è in atto in Libia. La Turchia sostiene politicamente e militarmente il governo di Tripoli guidato da Fayez al-Sarraj. Dietro questa alleanza c’è un blocco che si riconosce nell’islam politico del movimento della Fratellanza musulmana. Movimento fortemente osteggiato dalll’Egitto che, a sua volta, sostiene il generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica e nemico giurato di al-Sarraj. La disputa si è così estesa alle rispettive influenze sul Mar mediterraneo orientale e al controllo delle ricche riserve di idrocarburi che sono state scoperte negli scorsi anni. Accendendo così lo scontro. Per il momento solo sul piano politico, ma non è esclusa una escalation.
(Tesfaie Gebremariam)