Winnie Byanyima, moglie dell’oppositore ugandese Kizza Besigye, vittima di un arresto in Kenya e di estradizione lampo in Uganda, dove è ricomparso pochi giorni dopo la cattura imputato alla Corte marziale, ha detto all’agenzia Reuters di non aspettarsi un giusto processo per il marito.
Il 16 novembre Besigye è stato arrestato a Nairobi, in Kenya, mentre si preparava a partecipare alla presentazione di un libro. La polizia keniana e il ministero degli Esteri di Nairobi hanno parlato di “rapimento” e negato ogni conoscenza e responsabilità circa l’arresto di Besigye, che è ricomparso pochi giorni dopo a Kampala imputato di “tradimento” alla Corte marziale. Anche Amnesty international ha parlato di “rapimento”, chiedendone il rilascio. In risposta a queste dichiarazioni, il portavoce del governo ugandese Chris Baryomunsi, la scorsa settimana, ha detto che il suo Paese non effettua rapimenti e che gli arresti all’estero vengono effettuati in collaborazione con i paesi ospitanti. Tuttavia, non ha fornito ulteriori dettagli e da allora Kenya e Uganda di fatto si rimpallano la responsabilità dell’arresto e dell’estradizione.
“Non ci aspettiamo di ottenere giustizia presso il tribunale militare” ha dichiarato Winnie Byanyima, intervistata dall’agenzia Reuters nella sua casa di Kampala sabato scorso: “Non possiamo far altro che aspettare che compaiano in un tribunale civile” ha detto Byanyima, che è anche direttrice per l’Uganda dell’agenzia delle Nazioni Unite Unaids. Byanyima ha detto che le accuse contro il marito sono politicamente motivate e ha chiesto al presidente Yoweri Museveni di “fermarsi e riflettere, perché questa soluzione di criminalizzare ed eliminare l’opposizione attraverso la criminalizzazione è sbagliata”.
Felix Kulayigye, portavoce dell’esercito ugandese, in una dichiarazione ha respinto le preoccupazioni di Winnie Byanyima, spiegando che il tribunale avrebbe rispettato la legge: “Abbiamo fiducia nella Corte, che osserva le regole e i regolamenti del Paese”. Alla Reuters, Byanyima ha detto di aver fatto visita al marito in prigione e che lui le ha raccontato di aver sentito le persone che lo hanno rapito parlare in una lingua ugandese, cosa che gli fa pensare che i rapitori fossero proprio cittadini ugandesi. Byanyima ha esortato i donatori occidentali dell’Uganda, tra cui Stati Uniti e Gran Bretagna, a fare pressione sulle autorità ugandesi affinché rilascino il marito: “Dovrebbero parlare chiaramente contro un governo che rapisce un leader dell’opposizione da un altro Paese. Questo andrebbe condannato”.
Besigye era un tempo alleato stretto, amico intimo e medico personale di Museveni quando questi era impegnato nella lotta contro il governo dell’epoca, negli anni Ottanta. I due litigarono e Besigye ha sfidato Museveni in quattro elezioni presidenziali, perdendo ogni volta ma respingendo i risultati come “fraudolenti”. L’opposizione e gli attivisti per i diritti umani ugandesi accusano da tempo il governo di Museveni di ricorrere al tribunale militare per punire gli oppositori politici, un’accusa che il governo ha sempre respinto.