di Claudia Volonterio
Ritorna al mittente: questo lo slogan e il nome di una delle principali linee del marchio di abbigliamento ugandese, Buzigahill. Il brand prende indumenti di seconda mano importati in Uganda e li trasforma in capi riciclati rivenduti nel Nord del mondo. Un’inversione di paradigma che aiuta a combattere l’inquinamento e promuove lo sviluppo di un’industria tessile locale, tra arte e creatività.
Milioni di indumenti di seconda mano scartati nel nord del mondo arrivano quotidianamente nei mercati dell’Africa. Il business dei “vestiti dei bianchi morti” crea decine di migliaia di posti di lavoro, un giro d’affari che vale milioni di dollari, ma produce anche enormi problemi di inquinamento. La commercializzazione dei vestiti usati è giustificata e presentata come un aiuto economico ma, da non dimenticare che consente anche alle nazioni occidentali di eliminare il proprio surplus di produzione. Il flusso di scarti tessili in Africa Subsahariana è un problema serio. Secondo Oxfam il 70% degli indumenti usati del mondo giunge infatti nel continente e l’Africa Orientale pullula di mercati informali.
In Uganda, un innovativo marchio di abbigliamento, Buzigahill, creato da Bobby Kolade, vuole invertire la rotta di questo businness, rispedendo letteralmente i vestiti al mittente. Prima di farlo intercetta e raccoglie gli abiti e li lavora in maniera creativa, pronti per essere rivenduti al mercato del nord del mondo che li aveva scartati.
L’anima del progetto è lo stilista Bobby Kolade, 32 anni. Il designer ugandese sta rivoluzionando l’industria mondiale dello sfruttamento dell’abbigliamento di seconda mano. Non si tratta solo di fare una scelta ecologica contro l’inquinamento tessile, ma anche di dare un contributo concreto per la valorizzazione di una filiera tessile ugandese, stretta nella morsa della globalizzazione e del libero mercato. Buzigahill collabora con artisti visivi, stilisti, venditori di mercato di seconda mano e laboratori artigianali in Uganda. Il nome stesso del marchio si rifà a quello di un quartiere dove il designer è cresciuto, una fucina di creatività, tra musica, cinema, arte, memorie architettoniche.
Come racconta il marchio nel suo sito, si tratta di ristabilire il valore creativo ed economico del settore tessile ugandese che una volta, fino agli anni Settanta, prosperava. Ciò che la fa più soffrire è proprio l’abbigliamento di seconda mano, che ha dei prezzi con cui non si può competere. La moda locale è stata sostituita dalle importazioni di abiti di seconda mano. L’80% di tutti gli acquisti di abbigliamento in Uganda è di seconda mano. La popolazione stessa dell’Uganda, 47 milioni di persone si rifornisce direttamente in questi mercati. Un problema che si estende anche ad altri Paesi. Secondo una ricerca condotta nel 2017 dall’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, circa due terzi delle persone in sette paesi dell’Africa orientale hanno “acquistato almeno una parte dei propri vestiti dal mercato dell’abbigliamento di seconda mano”.
Il cotone, riporta la medesima fonte, rimane il terzo raccolto più importante dell’Uganda. Tuttavia, quasi tutto il raccolto, il 95% viene esportato per ulteriori lavorazioni. Buzigahill e in particolare “Return to Sender” vogliono fare la differenza.