L’Uganda ha registrato uno dei tassi di crescita più elevati del continente africano pur essendo un Paese privo di grandi risorse minerali e che ha sempre vissuto grazie all’esportazione di prodotti agricoli. Tristemente famoso per la sanguinosa dittatura che ha regnato tra il 1971 e il 1979, continua a crescere a buon ritmo dal 2001, spesso anche di più rispetto alla media annuale del 5%. Gli esperti sostengono che la stabilità politica e le regole di macroeconomia imposte dall’esterno sono state le colonne portanti del progresso economico. Tuttavia, nonostante questo successo, nel Paese continua a rimanere irrisolto il problema principale, la povertà. Circa il 65% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno. Solo il 14% ha accesso alla corrente elettrica. La situazione economica si è complicata per diversi fattori, uno di questi il crollo dei prezzi delle materie prime. Il caffé, responsabile del 22% delle esportazioni del Paese, è diminuito del 40% in 12 mesi.
Il peso dell’industria è minimo, favorendo il mercato dei prodotti industriali a basso costo, specialmente cinesi. Solo l’8% degli ugandesi sono impiegati regolarmente. La maggior parte della popolazione vive di agricoltura ed economia informale. Le piogge torrenziali causate dal fenomeno El Niño hanno danneggiato i raccolti facendo aumentare i prezzi dei generi alimentari. Inoltre, con la caduta della moneta locale e le forti spese del Governo, nel corso dell’anno elettorale, l’inflazione è arrivata al 9%, creando gravi problemi di sussistenza alla popolazione con meno risorse. Per far fronte a questi problemi, l’Uganda ha iniziato ad investire nelle infrastrutture, con capitale privato e pubblico, sia per la generazione di energia che nelle reti di trasporto.
(23/12/2015 Fonte: Fides)
Uganda – Paese in crescita, ma rimane povero
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