Il presidente dell’Uganda Yoweri Museveni ha difeso con fermezza la criticata firma di una delle leggi anti-Lgbtq più dure al mondo, con pene fino alla morte, affermando che era necessaria per impedire ai membri della comunità, a suo dire “disorientati”, di “reclutare” altre persone.
Come osserva Reuters, i suoi commenti sono stati i primi da quando ha firmato la legge, scatenando ampie critiche da parte dell’Occidente, tra cui le minacce del presidente degli Stati Uniti Joe Biden e di altri di tagliare gli aiuti all’Uganda e imporre altre sanzioni.
“La firma è finita, nessuno ci smuoverà”, ha detto Museveni incontrando i legislatori del suo partito Movimento di Resistenza Nazionale, come risulta da una dichiarazione rilasciata dal suo ufficio nella tarda serata di ieri.
La legge prevede la pena capitale per i “criminali seriali”, per la trasmissione di una malattia terminale come l’Hiv/Aids attraverso il sesso gay e per i rapporti omosessuali con una persona disabile. Prevede inoltre una condanna a 20 anni per “promozione” dell’omosessualità.
Museveni ha dichiarato ai legislatori del suo partito che, prima di firmare la legge, si era consultato ampiamente per cercare di determinare se l’omosessualità fosse genetica e che gli esperti lo avevano convinto del contrario, descrivendola invece come “disorientamento psicologico”. “Il problema è che, sì, sei disorientato. Hai un problema con te stesso. Ora, non cercate di reclutare altri. Se cercate di reclutare persone in un contesto di disorientamento, allora vi puniamo. Ti puniamo”, ha detto aggiungendo che “se afferri violentemente dei bambini e li stupri e così via, ti uccidiamo. E questo lo appoggio totalmente e lo appoggerò”.
La legge prevede anche l’ergastolo per i rapporti tra persone dello stesso sesso e una condanna a 20 anni per la “promozione dell’omosessualità”. Inoltre, le aziende, compresi i media e le organizzazioni non governative, che promuovono consapevolmente l’attività Lgbtq incorreranno in pesanti multe, secondo la legge.
L’omosessualità era già illegale nel Paese dell’Africa orientale, conservatore e altamente religioso, e gli omosessuali erano soggetti a ostracismo e molestie da parte delle forze di sicurezza.