L’Uganda dovrebbe accogliere in via temporanea 2.000 afgani su richiesta degli Stati Uniti. Lo ha detto alla Cnn la ministra ugandese per Protezione civile e i rifugiati, Esther Anyakun Davina, precisando che gli afgani arriveranno a Kampala, dopo 14 ore di volo con scalo a Dubai, in gruppi da 500.
Il ministro degli Affari esteri dell’Uganda, Jeje Odongo, ha però precisato che il governo non ha ancora raggiunto un accordo formale con gli Stati Uniti per accogliere i rifugiati.
Con l’assistenza dell’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) e di altre organizzazioni governative, i rifugiati – se l’accordo verrà messo a punto – riceveranno i documenti e saranno reinsediati dopo tre mesi. “Prevediamo di ospitarli in via temporanea prima che possano essere reinsediati dal governo americano. È stata una richiesta del governo degli Stati Uniti al presidente (Yoweri) Museveni”, ha precisato la ministra al quotidiano ugandese Daily Monitor.
L’amministrazione Biden avrebbe sondato anche altri Paesi africani per accogliere gli afgani dopo la presa del potere da parte dei talebani, secondo quanto riferito dal ministro per la Cooperazione internazionale, Henry Oryem Okello.
“Non si tratta di rifugiati”, ha rimarcato Okello dopo le polemiche scatenate dalla decisione del governo. “Gli Stati Uniti ci hanno chiesto se potevamo ospitarli in via temporanea in attesa che vengano completate le procedure di ricollocamento e prima di accettare abbiamo chiesto a quali termini e condizioni e di identificare chi sono, se ex soldati, prigionieri, interpreti, e quanto a lungo dovranno rimanere”, ha spiegato il ministro.
L’Uganda è il Paese africano che ospita il maggior numero di rifugiati, pari a 1,4 milioni, ed è il terzo al mondo, dopo Turchia e Pakistan. Un Paese indicato spesso come “modello” di accoglienza dal commissario dell’Unhcr, Filippo Grandi, secondo cui “’l’Uganda ha le politiche sui rifugiati più progressiste in Africa, se non nel mondo”. Perché i rifugiati spesso ricevono terreni da coltivare, hanno accesso a lavoro e scuola, servizi sanitari e giustizia.
Un modello che secondo Sara De Simone, ricercatrice presso il dipartimento di Sociologia dell’Università degli Studi di Trento, sarebbe nato da un calcolo lungimirante del governo, che investe gli aiuti ricevuti dalla comunità internazionale per la gestione dell’emergenza rifugiati anche per infrastrutture e servizi di base. Tanto che la presenza dei rifugiati è spesso richiesta dalle comunità locali perché porta con sé la costruzione di scuole, ospedali, centri per la formazione, pozzi, strade, mercati. . “Un’esperienza che dimostra ai governi della regione e del mondo come una politica di accoglienza aperta possa portare anche dei benefici”, ha rimarcato De Simone.
(Simona Salvi)