Un gioco da tavolo per insegnare il dramma delle migrazioni

di Enrico Casale
rifugiati

di Francesca Spinola

A vederlo sembra il Monopoli, ci sono le pedine, le carte con le possibilità e gli imprevisti, tante caselle da passare, ma in questo caso lo scopo non è comprare case e alberghi, quanto riuscire a sopravvivere da rifugiato e ottenere il diritto di asilo. È il prototipo di gioco da tavolo frutto della fantasia e della volontà di un ragazzino di 15 anni, che a vederlo ne dimostra 20, con l’abito grigio, lo sguardo serio e la capacità di esprimersi di un maturo funzionario delle Nazioni Unite. Si chiama Adel Abu Baker, è giordano, vive ad Accra da sempre e frequenta la Lincoln International School. Era al Summit dei Giovani, incentrato sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite, che si è svolto nella capitale del Ghana a inizio novembre, dove ha parlato davanti a un pubblico di 400 giovani «del dovere morale e legale di proteggere i rifugiati e le persone in pericolo».

«Mi sono reso conto – ha detto – che il problema dei rifugiati che affligge migliaia di persone nel mondo e in Africa è qualcosa che riguarda tutti». Adel per 4 mesi nel 2016 ha lavorato alla realizzazione di questo prototipo di «board game» da lui definito «innovativo e informativo per educare divertendo».

In sostanza ogni giocatore è un rifugiato costretto a lasciare la Siria, che deve riuscire a raggiungere un campo profughi in Turchia e poi a entrare in un programma di ricollocamento negli Stati Uniti. «I giocatori – racconta Adel – si troveranno a vivere tutte le difficoltà e dovranno superare tutti gli ostacoli che un vero rifugiato deve affrontare lungo il cammino».

La sua presentazione al Summit di Accra, come pure la realizzazione del gioco, sono frutto del passato stesso di Adel, figlio di genitori giordani e nipote di profughi costretti a fuggire dalla Giordania durante la guerra del 1948.  Adel si è ispirato anche alla situazione dei rifugiati del campo profughi di Budumburam, ad Accra, che sono rimasti nel paese dopo essere fuggiti dalla guerra in Liberia.

Secondo i dati del Ghana Refugee Board nel Paese ci sono quasi 17.500 rifugiati e 2 mila richiedenti asilo in attesa di risposta e non si tratta di situazioni dell’ultima ora. Il picco fu raggiunto piuttosto alcuni decenni fa, nel 1993, quando il paese diede riparo ad oltre 150 mila rifugiati. Il campo rifugiati Buduburam fu aperto nel 1990 dalle Nazioni Unite per dare riparo ai profughi fuggiti dalla guerra civile in Liberia (1989-1996) e poi da quella in Sierra Leone (1991-2001), dalla seconda guerra civile in Liberia (1999-2003) e dalle due guerre civili in Costa d’Avorio (2002-2004 e 2011). Il campo ha ospitato decine di migliaia di profughi.

Negli ultimi anni ne è stata annunciata la chiusura a seguito del rimpatrio volontario nei rispettivi paesi di molte persone che ci vivevano. Nel frattempo, è diventato una discarica a cielo aperto dove vengono abbandonati e spesso bruciati rifiuti indifferenziati, ma continua ad essere area di insediamento di migranti arrivati dai paesi vicini. Il Ghana, infatti, per quanto manchino statistiche ufficiali regolari e dettagliate, è storicamente paese di destinazione permanente di migranti economici, impiegati soprattutto nelle miniere, di migranti stagionali da Burkina Faso, Niger e Mali, e di mandriani di bestiame di etnia nomade Fulani, dediti alla pastorizia e al commercio in tutta l’Africa occidentale.

L’obiettivo del Vertice di Accra, dove Adel ha parlato di rifugiati e presentato il suo gioco, era quello di fornire una piattaforma aperta e completa per i giovani dove dialogare e affrontare questioni che li riguardano e anche per trovare metodi innovativi per abbattere la povertà, le disuguaglianze di genere, la disoccupazione, le guerre. Sviluppata sul tema «Gioventù come driver dello sviluppo sostenibile», la conferenza ha visto la partecipazione di oltre 400 giovani provenienti da tutto il continente africano e si è svolta per sessioni plenarie tenute da giovani uomini e donne. Una di queste presentazioni, che ha attirato particolarmente l’attenzione, è stata proprio quella che riguardava «Pace, giustizia e istituzioni» tenuta da Adel Abu Baker.

 

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