Il Nord Kivu, la regione della Repubblica Democratica del Congo balzata agli onori delle cronache per l’omicidio dell’ambasciatore italiano, sembra essere tornata nell’oblio nel quale si trovava prima del tragico evento. La civiltà tecnologica del “mondo avanzato” si è costruita nei decenni proprio a scapito di quella regione, nello sfruttamento disumano delle sue risorse. Uno spiraglio di luce è il libro del giornalista Matteo Giusti, che aiuta a comprendere le dinamiche di un Paese mai in pace
di Angelo Ferrari
L’uccisione dell’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo ha suscitato commozione e indignazione. Non poteva essere altrimenti. Ma non solo. Per alcuni giorni è tornata agli onori delle cronache la regione dell’Rdc teatro dell’omicidio, il Nord Kivu. Un luogo dimenticato dal mondo, sconosciuto ai più, ma fondamentale per la “vita” proprio di quel mondo che lo dimentica e non se cura. Da lì arrivano quelle materie prime così fondamentali per le nostre tecnologie che ci permettono di chiamarci “mondo avanzato”, segno di una civiltà tecnologica che si è costruita nei decenni proprio a scapito di quella regione, nello sfruttamento disumano delle sue risorse. Si è raccontato dei bambini schiavi nelle miniere di coltan o cobalto, delle milizie che infestano quella regione, a centinaia, della guerra che non si è mai fermata e che alcuni dipingono come religiosa o etnica, addirittura tribale. Ma non è così. È una guerra economica dove le milizie al soldo dei signori della guerra stranieri e congolesi si contendono un territorio ricchissimo, lo proteggono e ne traggono profitti enormi, come il vicino Ruanda che costruisce le sue fortune proprio con il coltan congolese. Ma anche l’Uganda. La gente, la popolazione, tuttavia, rimane sullo sfondo. Il mondo dimentica il prezzo che sono costrette a pagare perché il mondo “libero” possa avere quelle terre rare di cui tanto ha bisogno.
L’assassinio di Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e del loro autista Mustapha Milambo, per alcuni brevi momenti ha portato alla luce tutto il male, il pantano, l’ingiustizia, nella quale vivono milioni di persone. Passata l’emozione, poi, tutto è svanito. Quasi che la foresta pluviale, che ricopre quella regione, abbia inghiottito tutto il male. Nei giorni successivi all’omicidio una vignetta di Mauro Biani (in apertura) è parsa, a me, quasi profetica. Un uomo bianco parla con un giovane nero. Il primo dice: “Il Congo era un segreto” e l’altro risponde: “E dopodomani tornerà ad esserlo (compreso il coltan, il gas, etc)”. La didascalia recita: “Per Luca Attanasio, Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo”. Niente di più vero. Così, infatti, è stato. Tutta l’indignazione è svanita, non solo quella per l’omicidio, ma per tutta quella gente che ogni giorno muore su quella strada dove ha perso la vita il nostro ambasciatore.
Ma c’è un libro, uscito di recente per Castelvecchi, che cerca di raccontare il Kivu. E il merito va a Matteo Giusti, giornalista e collaboratore della rivista di geopolitica Limes. Il libro si intitola: “L’omicidio Attanasio, morte di un ambasciatore” (Castelvecchi, 119 pag., 15 euro). Forse il titolo potrebbe ingannare. Verrebbe da pensare a una ricostruzione minuziosa e rigorosa dell’omicidio – che pure c’è – ma quando lo si apre ci si imbatte subito nella prefazione di Denis Mukwege, premio Nobel per la Pace 2018, che fa capire da subito quale è il contenuto del volume, cosa vuole raccontare. Mukwege scrive: “Le bande armate continuano a proliferare…bande spesso armate e addestrate dai Paesi confinati che uccidono, violentano e distruggono la società nella più completa impunità. La popolazione sente di essere stata abbandonata dai differenti poteri che hanno governato il Paese e anche dalla comunità internazionale”.
L’autore, nei capitoli che seguono, racconta un Paese “maledetto”, mai in pace, sempre in preda a guerre e guerricciole da decenni. Tutti si accapigliano per l’enorme ricchezza del sottosuolo che più che una benedizione è una vera e propria maledizione. Giusti, poi, si addentra nel groviglio inestricabile delle milizie che infestano tutto il nord-est del Congo e spiega bene come queste controllino e si combattano solo ed esclusivamente per ragioni economiche, magari ammantandole, talvolta, come religiose o etniche, addirittura giustificate da alcuni con ragioni di sicurezza interna, come fa il Ruanda, il più grande predatore delle risorse congolesi. Ma non manca un capitolo sulla società civile che, pur in questo disastro, cerca di dare voce alla popolazione. Infine, Giusti affronta l’assassinio dell’ambasciatore italiano in maniera rigorosa attenendosi ai fatti: nessun giallo, nessun complotto. Il libro, poi, si chiude con una legenda delle milizie presenti in Kivu e di due cartine che ne evidenziano il posizionamento sul territorio.
Insomma, un libro utile perché aiuta a capire un Paese e, forse, invita il mondo libero a non scordarselo o, addirittura, a nasconderlo perché il caos aiuta a fare affari, dimenticandosi che i loro affari uccidono milioni di persone.
(Angelo Ferrari)
Immagine di apertura: Mauro Biani