Un nuovo passaporto biometrico per Burkina Faso, Mali e Niger

di claudia

Di Luigi LimoneCentro studi AMIStaDeS APS

Le giunte militari del Sahel pensano all’introduzione di un nuovo passaporto biometrico dopo il ritiro da ECOWAS, rischiando di minare la libera circolazione di persone, beni e servizi. Questa decisione potrebbe forse limitare la libertà di circolazione e creare nuove barriere per le persone migranti, aumentando il rischio di sfruttamento e instabilità sociale?

Burkina Faso, Mali e Niger hanno recentemente annunciato l’introduzione di un nuovo passaporto biometrico, segnando un significativo passo nel loro ritiro dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS). Questa decisione potrebbe minare un principio fondamentale dell’integrazione socio-economica dell’Africa occidentale, rischiando di compromettere il diritto dei cittadini di muoversi liberamente tra i Paesi membri, sancito dal Protocollo del 1979 relativo alla libertà di circolazione.

Le giunte militari al potere, emerse dopo i colpi di stato tra il 2020 e il 2023, utilizzano questa iniziativa per rafforzare il loro controllo e consolidare l’adesione all’Alleanza degli Stati del Sahel. Mentre le tre nazioni continuano a sviluppare la loro alleanza, l’iniziativa del passaporto biometrico giocherà un ruolo centrale nel plasmare la futura integrazione e identità della regione sulla scena globale. I nuovi passaporti biometrici rappresentano infatti un tentativo di promuovere una maggiore indipendenza e cooperazione regionale, garantendo ai cittadini di Burkina Faso, Mali e Niger una mobilità facilitata e rafforzando l’idea di autodeterminazione, al di fuori del contesto più ampio di ECOWAS. Il Colonnello Assimi Goïta, leader della giunta maliana, ha dichiarato che il nuovo passaporto intende “armonizzare i documenti di viaggio” tra i membri dell’Alleanza.

Questo cambiamento segna una rottura con l’ECOWAS, che ha sempre sostenuto l’integrazione regionale e la libera circolazione e che ha già manifestato timori che l’uscita di Burkina Faso, Mali e Niger possa ostacolare l’implementazione di un sistema di identificazione biometrica condiviso in Africa occidentale. Le conseguenze di questo nuovo contesto sono particolarmente preoccupanti per le persone migranti provenienti dai Paesi dell’Africa occidentale rimaste fedeli a ECOWAS, le quali, per poter transitare attraverso il Sahel, potrebbero dover affrontare nuove barriere e trovarsi costrette a ricorrere a vie illegali per attraversare i confini, spesso facendo affidamento su contrabbandieri e reti di traffico illecito per il trasporto e la falsificazione di documenti di viaggio.

Questa situazione non solo aumenterebbe il rischio di sfruttamento e violazioni dei diritti umani, ma influirebbe anche negativamente sulle comunità locali, che potrebbero vedere un aumento della criminalità e dell’instabilità sociale a causa della pressione economica e della mancanza di opportunità legali. La narrativa dei nuovi regimi al potere, che si presentano come difensori dei diritti delle popolazioni contro il neocolonialismo occidentale, sta guadagnando terreno tra la popolazione. Tuttavia, questa resistenza potrebbe tradursi in un’ostilità crescente nei confronti delle persone migranti, complicando ulteriormente la loro situazione.

La giustificazione delle giunte per il ritiro da ECOWAS, basata su presunti fallimenti della comunità internazionale nella lotta contro il terrorismo, appare debole alla luce dell’aumento della violenza jihadista nella regione. Se da un lato la costituzione dell’Alleanza degli Stati del Sahel dovrebbe rappresentare lo sforzo maggiore per combattere il terrorismo da parte delle nuove giunte formatesi a seguito dei colpi di stato, dall’altro lato gli attacchi nei confronti di civili nelle zone di frontiera continuano a crescere in numero e intensità. Basti pensare che nel 2023 il Burkina Faso ha superato l’Afghanistan come il Paese più colpito dal terrorismo, con quasi 2.000 morti a conferma di come l’epicentro del terrorismo jihadista si stia spostando da Medio Oriente e Asia Centrale alla regione del Sahel, secondo quanto riportato dal dall’Institute for Economics and Peace (IEP) che ha realizzato il rapporto “Global Terrorism Index 2024”.

L’espulsione delle forze francesi, che avevano collaborato nella lotta contro i gruppi jihadisti, e il crescente legame con la Russia, che ha inviato truppe in Mali e Burkina Faso, complicano ulteriormente il quadro. Questi sviluppi pongono interrogativi sul vero obiettivo di tali alleanze: proteggere i regimi militari piuttosto che affrontare le cause profonde dell’instabilità.

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