Gli eritrei che hanno terminato il loro servizio militare in patria potranno essere rimpatriati qualora la Svizzera respingesse le loro richieste di asilo. A deciderlo è stato un tribunale svizzero che, con la sua sentenza, ha dato vita a un precedente molto delicato. Non solo per il Paese elvetico.
Gli eritrei sono il più grande gruppo di richiedenti asilo in Svizzera (14.500 cittadini). Quasi 9.000 di loro hanno ottenuto la protezione temporanea o lo status di rifugiato. Le Nazioni Unite considerano gli eritrei come rifugiati e non come immigrati economici. E ciò a seguito di un’inchiesta condotta dal Palazzo di Vetro nella quale veniva messo in evidenza come tra le 300 e le 400mila persone erano state «schiavizzate» nel corso di un servizio militare «a tempo indeterminato». Le stesse Nazioni Unite hanno puntato il dito contro i maggiori funzionari eritrei che, secondo l’organizzazione internazionale, dovrebbero essere processati per crimini contro l’umanità proprio per il trattamento riservato ai cittadini in armi.
Quindi, finora, anche i militari o gli ex militari eritrei ai quali non veniva riconosciuto l’asilo non erano rimpatriati perché si temeva che, una volta in patria, questi venissero condannati a lunghe pene detentive oppure fossero sottoposti a trattamenti lesivi dei diritti umani.
Da parte sua, l’Eritrea ha sempre affermato che le accuse delle Nazioni Unite di violazione dei diritti umani erano infondate, basate su false prove. Asmara ha sempre respinto le accuse di crimini contro l’umanità definendole «ridicolissime».
Ora però interviene questa sentenza emessa da un tribunale amministrativo federale che afferma, senza mezzi termini, che gli eritrei che hanno completato il servizio militare possono essere tranquillamente mandati a casa. «Gli eritrei che hanno eseguito il loro servizio militare non sono puntiti al loro ritorno nel loro Paese d’origine. Quindi non sono minacciati da trattamenti che violino i diritti umani», ha scritto la Corte. Ciò vale anche per gli Eritrei che hanno vissuto all’estero per anni, purché siano in regola con i pagamento della tassa del 2% che Asmara applica sui redditi dei propri cittadini residenti all’estero e firmando una «lettera di rammarico». La sentenza è diventata definitiva giovedì scorso.
Il caso è stato portato davanti ai giudici da una donna eritrea che ha lasciato la sua patria all’età di 29 anni dopo anni di servizio nazionale. Il tribunale ha affermato di aver preso in considerazione tutto il sistema di arruolamento nelle forze armate eritree e di aver potuto constatare che l’Eritrea arruola per periodi molto lunghi i propri giovani, ma poi li congeda regolarmente. I giudici però non hanno tenuto presente che le stesse Nazioni Unite hanno rilevato in un’inchiesta il clima repressione nelle forze armate eritree che include stupri e torture. Clima che spinge le persone a fuggire.
La sentenza è certamente rivoluzionaria per la Svizzera. Avrà qualche influenza anche sugli altri Paesi europei? Difficile dirlo. Il rischio è che, di fronte al crescente flusso di immigrati eritrei, anche altre nazioni possano seguire l’esempio della Svizzera. Senza sapere con esattezza quale sarà il destino di chi rientra in patria.