Una storia d’amore e siccità al Festival di Cannes

di claudia

Oggi vi presentiamo l’opera prima della regista senegalese Ramata-Toulaye Sy, Bannel e Adama. Una storia d’amore in un remoto villaggio del nord del Senegal, raccontati da un cinema di una raffinata bellezza che si esprime nei colori, nella luce e nella la scenografia.

di Annamaria Gallone

Selezionata in competizione ufficiale al recente Festival di Cannes, Ramata-Toulaye Sy ha presentato la sua opera prima: Bannel e Adama. Senegalese, diploma alla Femis, la scuola di cinema parigina, si è cimentata in una storia di amor fou in uno sperduto villaggio del nord  del Senegal.  Due ragazzi si amano intensamente, trascorrono insieme tutto il tempo,  sussurrandosi promesse amorose, scavano nella sabbia per riportare alla luce vecchie costruzioni che diverranno la loro casa. Bannel non vuole vivere nel microcosmo del villaggio, in mezzo a tutti. A lei basta Adama, che rifiuta il titolo di capo villaggio che gli spetterebbe di diritto, perché a lui basta Bannel. Ma la loro comunità è governata dalle regole severe della tradizione e della religione e nessuno approva la oro scelta, a cominciare dalla madre, e poi il capo villaggio, gli anziani e le donne che forse sono invidiose di un legame così forte e tenero che a loro è stato legato. Chiedono a Bannel: “Quando vi deciderete a fare figli?” e lei risponde: “Per farne cosa”?

Bannel ha una mira a alta precisione, quando tira con la fionda non c’è nulla che possa sfuggirle. Uccide uccellini e lucertole , precisa e implacabile , pronta  a lottare contro tutti. Mentre vede che l’amore di Adama si sta affievolendo, travolto da altre priorità, la sua ostinazione sconfina con la pazzia, insofferente di una tradizione che prevede matrimoni combinati, poligamia, sottomissione alla suocera ed è un po’ delusa che Adama non si batta contro tutto questo insieme a lei.

Intanto la siccità si fa sempre più grave, si susseguono le tempeste di sabbia, muoiono una ad una le vacche, poi gli uomini, in un paesaggio desertico sempre più ostile e per molti l’unica possibilità per sopravvivere è l’emigrazione.

L’interpretazione dei due protagonisti, Khadi Mane e Mamamdou Diallo, entrambi al loro debutto, è particolarmente intensa e i colori, la luce, la scenografia, sono di una raffinata bellezza e forse questa ricerca estetica esasperata sottrae un po’ di emozione al film, come l’intento “didattico” troppo evidente nell’inventare la figura di una donna assolutamente attuale, anche se vive in mezzo al nulla, ostinata nel difendere i suoi diritti e i suoi sentimenti. 

Nonostante un  gioco estetico di compiaciuta bellezza e un atteggiamento a volte intellettuale, senza dubbio quello di Ramata-Toulaye Sy è un film che dimostra un certo talento, e poi è un’opera prima! Sentiremo ancora parlare di lei.

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