Una voce keniana sulla memoria coloniale del Paese

di claudia

di Claudia Volonterio

Utilizzare la tecnologia per portare alla luce la storia nascosta o soppressa di un Paese – e le sue ingiustizie – rendendola accessibile a un vasto pubblico: succede in Kenya, dove una giovane studentessa dell’Università di Voi, capoluogo della contea di Taita-Taveta, si è imbattuta in quello che resta di una ferrovia di epoca coloniale, in procinto di essere demolita e sostituita da una cinese. Ma quei resti sono una testimonianza di un passato di oppressione che molti giovani in Kenya stanno cercando di preservare, per raccontare la loro storia.

Chao Tayiana Maina è una studentessa keniana a cui si deve l’intuizione e l’impegno devoluto a salvare quello che resta di una ferrovia di epoca coloniale: un edificio di mattoni rossi a un piano che un tempo era un punto di trasporto militare chiave per i colonialisti britannici durante la prima guerra mondiale. Il Kenya è stato sotto il dominio britannico dal 1895 al 1963.

Incuriosita da quella costruzione in declino, riporta il sito The Christian Science Monitor, la giovane ha cominciato a interessarsi alla storia della ferrovia Kenya-Uganda dell’epoca coloniale. Il suo obiettivo, come quello di altri giovani come lei che nel paese si sono interessati al progetto, è quello di mantenere la memoria, ma anche di portare alla luce un racconto nuovo, dal punto di vista dei keniani sul proprio passato, portando alla luce che cosa fosse realmente quella ferrovia, spesso “romanticizzata” dai racconti dell’epoca come snodo verso mete lontane ed esotiche, rendendola strumento e parte di una narrazione ai fini oppressivi.

Quello che è emerso dopo quattro anni di studio e interviste è la doppia immagine di quei treni e di quelle stazioni. Se da una parte per anni hanno accolto viaggiatori, studenti o genitori che portavano i loro bambini a scuola, quelli erano anche i luoghi facente parte di un sistema di oppressione, una ferita ancora aperta per i keniani. I loro governanti l’avevano inoltre usata per trasportare migliaia di combattenti per la liberazione anticoloniale nei campi di detenzione, in carrozze con finestre sbarrate e filo spinato.

Il progetto di Maina è diventato dapprima una mostra e poi un sito consultabile, “Save the Railway“, in grado di raccogliere il risultato di quattro anni di raccolta di fotografie, testimonianze, interviste su più di cinquanta siti ferroviari dell’epoca.

Punto nevralgico del sistema di oppressione coloniale, la ferrovia racconta una storia e i keniani hanno oggi la possibilità di raccontare, cambiando la narrazione. Ricordiamo infatti che la storia coloniale, non solo del Kenya, è stata scritta per decenni dalle stesse potenze coloniali. Il progetto “Save the Railway” è uno dei tanti modi oggi possibili anche grazie alla tecnologia che i keniani hanno di riprendersi la voce e le redini della narrazione, contrastando quella strumentalizzata delle potenze coloniali per glorificare il loro dominio.

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