Si è conclusa ieri la campagna elettorale in Marocco. Oggi, circa 18 milioni di cittadini sono convocati alle urne per votare sia per eleggere 395 deputati che più di 31.000 rappresentanti comunali e regionali.
La pandemia di covid-19 ha influenzato la campagna elettorale, poiché erano vietati i grandi comizi. “Se la campagna digitale è in pieno svolgimento nei centri urbani e nei piccoli centri, è diverso nel mondo rurale dove i partiti cercano di avvicinarsi direttamente agli elettori”, scrive il sito Medias24.
Interpellato dallo stesso giornale per parlare dei nuovi mezzi di persuasione, Jawad Ech-Chafadi, che presiede l’Osservatorio sulla partecipazione politica, precisa che la campagna nel mondo rurale è stata guidata principalmente dai partiti come i liberali centristi del Partito per l’autenticità e la modernità (Pam), la destra nazionalista del Partito Istiqlal e il Raggruppamento nazionale degli indipendenti (Rni), guidato dall’uomo d’affari e politico Aziz Akhannouch. Le basi del Partito per la giustizia e lo sviluppo (Pjd, islamista moderato), che guida l’esecutivo da 10 anni – nonostante non occupi ministeri strategici – secondo la testata non sono mai state solide nel mondo rurale.
Secondo un articolo di Ahmed Ben Nasser sul giornale francese Marianna, il Pjd è giunto a fine corsa e non soddisfa più le aspettative popolari. Il Pjd aveva ottenuto uno storico successo elettorale dopo le proteste del “Movimento 20 febbraio” – la versione marocchina della Primavera araba del 2011 – che chiedeva la fine della “corruzione e del dispotismo”. Il re Mohammed VI agì rapidamente promettendo riforme, inclusa una nuova Costituzione che garantisse ampie prerogative al parlamento e al governo. Tuttavia, le grandi decisioni e la politica nei settori chiave sono rimasti prerogative del monarca.
Secondo il sito d’informazione sul Marocco Yabiladi, nel mezzo della campagna elettorale si sono moltiplicate le dichiarazioni sui sospetti di compravendita di voti. L’Associazione marocchina per la protezione della proprietà pubblica si è rivolta alla procura, chiedendo un’inchiesta. La compravendita di voti, insiste l’associazione, “è un modo per influenzare la volontà dei cittadini e accentuare l’opacità del processo elettorale, minando la trasparenza dei suoi comportamenti e la credibilità dei suoi risultati”. La denuncia si basa sulle dichiarazioni dei rappresentanti dei partiti politici, che sostengono l’esistenza diffusa di questa pratica, nonché sui video che sono circolati sui social network e che mostrano la distribuzione di denaro nell’ambito delle campagne elettorali di alcuni candidati.