Fino a un anno fa, la neve non sapevano neppure che cosa fosse. Montagne così alte non le avevano mai viste e, forse, non immaginavano che potessero esistere. Domani, sabato 11 marzo, però, con spirito di avventura e non poco coraggio, Fadel, Famara, Ibrahim, Mohammed, Lamin, Moctar, Moustapha, Makan, Abubaker, Abdoulaye saranno puntuali sulla linea di partenza della Mera’s Cup, gara di bob amatoriale che si disputa in Alta Val Sesia.
Loro sono richiedenti asilo africani. Alcuni mesi fa, dopo l’arrivo in Italia, sono stati trasferiti a Scopa, un piccolo borgo di poco più di 400 anime qualche chilometro più su di Scopello, Comune dove si terrà la gara. Vengono da Mali, Costa d’Avorio, Senegal, Ciad e Gambia. Paesi che con gli sport invernali hanno ben poco a che fare.
«Quando l’anno scorso siamo arrivati a Scopa, ho pensato: non possiamo stare qua, fa troppo freddo. Nessuno di noi aveva mai visto la neve e montagne così alte» racconta al quotidiano «La Stampa», Fadialla, dal Mali. Lui non gareggerà perché ha un turno di lavoro come lavapiatti: dei 30 richiedenti asilo è l’unico a cui è stato concesso un permesso di soggiorno per 5 anni. Fa comunque da portavoce: «I miei compagni non vedono l’ora che sia sabato per la gara: sono felicissimi».
La squadra ha deciso di chiamarsi «Africa Unite Bob». Un omaggio alla famosa canzone di Bob Marley. Ma il famoso cantante rastafariano non è il solo legame con la Giamaica. La loro storia non è poi così diversa da quella dei protagonisti di «Cool Running – Quattro sottozero», pellicola Disney che racconta la vera storia della nazionale di bob della Giamaica che partecipò ai giochi olimpici invernali di Calgary 1988.
L’attrezzatura non è delle migliori. Hanno raccattato, qua e là, guanti, pantaloni impermeabili giacche a vento. Ma questo non è il loro problema più grande. Ciò che li preoccupa di più è il fatto che in bob non ci sono mai andati. Fino a qualche settimana fa non avevano la benché minima idea di come si scivolasse veloci su quei pezzi di plastica e su come si debba essere esperti per sapere come e dove azionare i freni.
Così, preso da compassione, uno degli organizzatori della gara ha fatto loro un corso accelerato di bob. Nonostante il primo spaesamento sulle piste e i problemi di equilibrio nelle traiettorie di curva il team non sembra nemmeno troppo sgangherato. La loro prima tifosa è la maestra Marta Sasso, che si è presa a cuore la situazione dei richiedenti asilo. «Organizzare attività per loro non è semplice – dice l’insegnate -: passano le giornate con il telefono in mano. La gara li ha tenuti occupati: sulla neve sono felici come bambini».
Per i ragazzi africani, la gara sarà un’occasione per farsi conoscere e, perché no, per divertirsi. Qualunque risultato otterranno, sabato si sentiranno comunque un po’ campioni.