Settanta giudici, avvocatesse e procuratrici africani sono riuniti da ieriin Vaticano per discutere sul dramma della tratta umana e delle nuove schiavitù. Provengono da Angola, Benin, Botswana, Capo Verde, Etiopia, Ghana, Kenia, Malawi, Marocco, Mozambico, Niger, Nigeria, Senagal, Sierra Leone, Tanzania, Tunisia, Uganda, Zambia, ma anche da Pakistan e Stati Uniti e, durante la due giorni, condivideranno le loro esperienze per trovare soluzioni per arginare questa piaga del mondo moderno e aiutare le vittime nel reinserimento sociale.
«Confidiamo che queste donne, con la loro sensibilità unica e gentilezza, combinate con la loro esperienza e giustizia basata sul principio, giocheranno un ruolo decisivo nell’esaminare equamente ogni caso e proporre le migliori pratiche», sottolinea monsignor Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, «Non è un caso che la giustizia sia sempre rappresentata come una donna; è comunemente riconosciuto che le donne sono più capaci degli uomini di valutare ogni individuo caso per caso. La loro vocazione per la giustizia nella società – dare a ciascuno ciò che è loro – è un’ulteriore manifestazione di questa disposizione».
«Abbiamo convocato questo Summit – spiega ancora Sorondo – nella speranza di fornire una bussola morale per navigare nell’oceano tempestoso della modernità in cui tutti viviamo. L’Africa, la culla dell’essere umano, è il continente più promettente oggi per il futuro dell’umanità, a causa della sua ricchezza naturale e umana. Secondo Paolo VI, “lo sviluppo è il nuovo nome per la pace”, e il suo conseguimento è intrinsecamente legato ai valori della dignità della persona umana, della giustizia e dell’amore».
Già lo scorso anno, a novembre, queste donne impegnate per la legalità nei cinque continenti si erano riunite novembre 2017 nella stessa sede con l’obiettivo di dialogare e proporre nuovi modelli o valorizzare quelli già esistenti, in merito al contrasto della criminalità e del traffico degli esseri umani. Il Summit che prenderà il via domani si pone dunque in continuità con quello dell’anno scorso e mostra un impegno e un’attenzione costante da parte della Santa Sede contro quello che Papa Francesco in più di un’occasione ha definito «un crimine contro l’umanità».