a cura di Claudia Volonterio
“Non so come andrà a finire. Ma io ci sono e continuerò a raccontare l’Africa finché avrò la forza di prendere un aereo e partire, di tenere in mano il taccuino e la macchina fotografica”.
Ho avuto il piacere di entrare a piccoli passi nel racconto intimo e personale di Angelo Ferrari, giornalista ed editorialista della rivista Africa, un collega e un amico da cui ho avuto l’opportunità di imparare molto. Angelo non ha mai nascosto e ha sempre raccontato con estrema lucidità e sincerità la malattia, il cancro, che da ormai dieci anni tenta di tenerlo lontano dalla sua Africa, senza mai riuscirci. Le pagine di “Non so come andrà a finire, (OGzero, 2023) sono una restituzione, sia per chi lotta contro la malattia, sia per chi ha amato, anche solo per un breve lasso di tempo, questo continente ricco di storie che l’autore ha saputo raccontare nella loro a volte cruda realtà, pregne di una dignità che non viene mai meno.
Il racconto di Angelo Ferrari si intreccia, esattamente come è stata la sua vita negli ultimi decenni, con l’Africa, con le innumerevoli afriche che ha incontrato nel suo cammino. Come lui stesso ricorda nel libro, non esiste una sola Africa e di questo ne era convinto anche Raffaele Masto, giornalista e colonna della rivista Africa. Questa è l’eredità di Raffaele che Angelo ha raccolto: non offrendo mai al lettore un unico punto di vista, lasciandoci spesso con più domande che risposte, alimentando una curiosità verso i personaggi che prendono vita nelle pagine della sua storia. Jordy, Mariam, Grace, Aisha, Olivier….questi sono solo alcuni dei nomi di bambini, bambine, ragazze e ragazzi le cui storie spalancano una finestra sulle miserie e sulle bellezze del continente.
Leggendo queste pagine si ha l’impressione di percorrere un viaggio con Angelo in Congo, in Angola, in Costa d’Avorio, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone, Ruanda…
Non si può che restare ammirati della tenacia con cui Angelo affronta la sua malattia, anche i momenti più difficili, come la chemioterapia. Ogni giorno l’ho visto lavorare, nonostante tutto, con un’energia e una passione che mi porterò sempre dentro. Potremmo definirla, come la chiama lui, “la tenacia del cronista” o, come una grandissima spinta interiore data dal suo amore per l’Africa e per sua moglie Gabriela, ritratta nel libro con una dolcezza che stringe il cuore.
La passione per l’Africa è il motore, la vita, il filo rosso che congiunge i vari punti di questa storia.
Angelo a un certo punto racconta di quando un giorno ha tentato di acquistare l’intero banchetto di arachidi da un ambulante, in uno dei tanti mercati visitati, e di come il venditore si fosse rifiutato, nonostante avrebbe potuto guadagnare in un attimo il compenso di un’intera giornata. Scioccante, per noi, la risposta del commerciante davanti alla sua offerta: “Se ti vendo tutte le arachidi, cosa faccio per il resto della giornata?”
Comprendere il profondo significato insito in queste semplici parole è un passaggio importante del libro, che restituisce pienezza e profondità al qui e ora, a uno stare nel presente, vivendolo a pieno, che l’Africa insegna e sembra essere anche il motore dell’autore. Credo che la sua forza possa risiedere nell’aver adottato in qualche modo la concezione del tempo in Africa, così diversa dalla nostra occidentale. Un presente lento e avvolgente. Oltre al qui e ora non si sa cosa accadrà, per ora c’è un solo orizzonte: tornare in Africa.