Wrestling alla congolese

di claudia

testo di Marco Trovato – foto di Kris Pannecoucke / Panos

Nella Repubblica democratica del Congo spopolano gli stravaganti campioni della lotta libera: un po’ supereroi dei fumetti, un po’ cartoni animati. I loro combattimenti, scanditi da colpi di scena, mischiano sport, spettacolo e magia.

La folla è assiepata intorno al ring: un quadrato di terra battuta delimitato da quattro pali nello spiazzo centrale del villaggio. Accucciati nelle prime file, centinaia di bambini con la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite. Alle loro spalle, plotoni di uomini e ragazzotti osservano la scena con l’aria compiaciuta. Più in disparte, capannelli di donne vestite a festa, il cui sguardo tradisce curiosità e incredulità. L’attesa spasmodica dello spettacolo crea un’allegra agitazione.

Un pizzico di magia

Nel cuore della Repubblica democratica del Congo, nelle lande isolate e umide della foresta equatoriale, le occasioni di svago sono rare. L’arrivo di una compagnia itinerante di lottatori di wrestling rappresenta un elettrizzante diversivo per la popolazione locale, che vive in capanne di fango e paglia senza elettricità, televisore, internet.

La trepidazione del pubblico si scioglie in un silenzio irreale quando al centro della scena irrompe “Dragon 666”, un lottatore con il corpo cosparso di farina bianca e fasciato in un attillatissimo costume da ginnasta. Dragon 666 si dimena come un indemoniato compiendo dei rituali magici in preparazione dei combattimenti. Dovrà vedersela con avversari agguerritissimi, capaci di trasformarsi in belve feroci o spiriti malandrini.

L’eco dei campioni

Il boato degli spettatori esplode quando il presentatore annuncia il nome di Assassin, un improbabile gladiatore nero che si esibisce con un pitone attorno al collo e non si fa scrupoli nel gettare il grosso rettile contro chiunque osi sfidarlo. Cosa che avviene puntualmente ad ogni combattimento.

Il wrestling in salsa congolese, che emula quello statunitense ma lo arricchisce di elementi originali, è uno spettacolo pieno di colpi di scena, che mischia sport, magia e teatro. La gente spende in media 500 franchi congolesi (l’equivalente di 27 centesimi di euro) per acquistare un biglietto per gli incontri. La compagnia di lottatori si esibisce ogni sera in un villaggio diverso. Il tour tocca le province più sperdute della selva congolese – il Maniema, il Kasai Orientale, l’Equatore – dove l’eco delle imprese realizzate dai wrestler nella capitale Kinshasa giunge in poco tempo con il passaparola degli appassionati e le radiocronache delle emittenti locali.

Stupire e distrarre

I campioni della lotta – siano essi eroi nazionali o famigerati gangster del ring – sono attesi con impazienza. La loro comparsa nei villaggi è festeggiata con incontenibile euforia. Arrivano travestiti da supereroi, indossano copricapo adatti a una sfilata carnevalesca, maneggiano pesanti catene e pericolosi serpenti. A differenza dei campioni statunitensi che volano nei palazzetti gremiti su ring imbottiti ed elastici, i lottatori congolesi si sfidano all’aperto, nei quartieri di periferia, su spiazzi polverosi delimitati da cavi di acciaio.

C’è chi vanta muscoli granitici, e chi esibisce senza vergogna pance arrotondate e molli. Per tutti l’obiettivo è stupire, entusiasmare e far dimenticare al pubblico i problemi di tutti i giorni.

Campioni in posa

Il fotografo belga Colin Delfosse ha immortalato i divi del catch congolese. Ha impiegato anni per rintracciarli, stanarli nelle stamberghe in cui vivono, conquistarne la fiducia e convincerli a posare davanti all’obiettivo. Ne è scaturito un incredibile collage di ritratti che sta facendo il giro del mondo.

Questo articolo è uscito sul numero 4/2023 della rivista Africa. Per acquistare una copia, clicca qui, o visita l’eshop.

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