È sempre più grave l’emergenza colera in Zambia. Secondo i dati ufficiali forniti dal governo di Lusaka da ottobre al 13 gennaio sono state contagiate 8.724 persone e i morti sarebbero già 351. “Sospettiamo – spiega Mariangela Tarasco di CELIM, una Ong italiana che opera da una quarantina di anni nel Paese – che le cifre ufficiali siano sottostimate. I dati parlano di una ventina di morti al giorno. La percezione è che siano in numero superiore. Noi lavoriamo con i ragazzi di strada e con i ragazzi e le ragazze con disabilità. Nei giorni scorsi siamo venuti a conoscenza di due decessi tra i genitori dei giovani che seguiamo. Quindi, probabilmente, sia il numero dei contagiati sia quello dei decessi, è maggiore di quelli registrati ufficialmente”.
Per contrastare il diffondersi della malattia le autorità stanno pianificando una massiccia campagna di vaccinazione. Grazie al finanziamento di Gavi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), attraverso il suo Gruppo di Coordinamento Internazionale (ICG), ha previsto l’invio di 1,7 milioni di dosi di vaccino orale contro il colera per il governo dello Zambia. Ieri, 1,4 milioni di dosi di vaccini orali contro il colera sono state consegnate al ministero della Salute dello Zambia. In questi giorni quindi partirà la somministrazione per contribuire a frenare la diffusione della patologia e proteggere le popolazioni a rischio nelle aree colpite dal colera. Nel frattempo le autorità sanitarie hanno ordinato la chiusura delle attività pubbliche. “Il governo ha chiuso le scuole – continua Mariangela -. Le nostre attività sono quindi ferme. Noi operiamo in due aree particolarmente povere dove non esistono scarichi fognari. Con le piogge tutte le aree sono state allagate e ciò ha favorito la diffusione del colera. Speriamo che la distribuzione del vaccino riesca, in breve tempo, a limitare il contagio e permetta alla popolazione locale di riprendere una vita normale”.
Le autorità hanno, nel frattempo, concentrato i malati nello stadio di Lusaka e in un carcere e hanno vietato i funerali. “Queste misure di emergenza, necessarie per rallentare la diffusione della malattia – conclude Mariangela – sono un duro colpo per la popolazione. I famigliari non possono assistere i propri cari e se muoiono non possono fare loro un funerale. Nella cultura africana accompagnare un caro nel passaggio dalla vita alla morte è importantissimo. Impedirlo è più di una misura restrittiva, è un duro colpo alla cultura locale”.