di Angelo Ferrari – Agi
La crescente influenza di Mosca è stata evidente nell’ottobre del 2019, quando 43 capi di stato africani hanno partecipato al primo vertice Russia-Africa a Soci
Prosegue l’offensiva politica, anche se con scarsi risultati, del presidente ucraino Volodymyr Zelensky in Africa. Il suo obiettivo è quello di avere un “appoggio” africano per risolvere o, comunque, agevolare l’inizio di un dialogo con la controparte russa per arrivare, almeno, a un cessate il fuoco. Zelensky, dopo essersi rivolto all’Unione africana il 20 giugno scorso, ora ha incontrato in videoconferenza il presidente di turno dalla Comunità economica dell’Africa orientale (Ecowas), il capo di stato della Guinea-Bissau, Umaro Sissoco Embalo.
I due capi di stato si sono parlati per una ventina di minuti. Poco si sa di quello che si sono detti. Di sicuro il presidente ucraino vuole il sostegno dei paesi africani. Riaffermando la sua “adesione ai principi del non allineamento e della risoluzione pacifica delle controversie”, il presidente Embalo ha promesso di recarsi a Kiev insieme all’attuale presidente dell’Unione africana, Macky Sall, a settembre. La Guinea-Bissau, che detiene la presidenza di turno dell’Ecowas, è uno dei 58 paesi che si sono astenuti nel voto del 7 aprile dell’Assemblea delle Nazioni Unite che ha sospeso la Russia dal Consiglio dei diritti umani a causa dell’Invasione dell’Ucraina.
C’è, tuttavia, confusione tra non allineamento e astensione. Un cortocircuito che rischia di condurre l’Africa verso una “trappola geopolitica” che potrebbe drammatizzarsi con il proseguire della guerra in Ucraina. È evidente che l’astensione di molti paesi africani è il segno della crescente influenza russa sul continente, ma che si mischia a una mal riposta nostalgia per l’Unione Sovietica.
Paesi come l’Angola, la Repubblica Centrafricana, il Mali, il Sudan, lo Zimbabwe e la Repubblica del Congo sembrano vivere questa sindrome, almeno in apparenza, anche se, poi, in virtù di questa “nostalgia” stringono accordi con Mosca sul piano militare, non solo di fornitura di armamenti, di intelligence e di sfruttamento minerario. Lo scopo della Russia è evidente: gettare scompiglio tra le potenze straniere, complicandogli la vita, che si stanno accaparrando le risorse strategiche del continente, in particolare le potenze occidentali, facendo diventare l’Africa una piattaforma da cui partire per vincere la guerra più ampia con l’Occidente.
La crescente influenza di Mosca è stata evidente nell’ottobre del 2019, quando 43 capi di stato africani hanno partecipato al primo vertice Russia-Africa a Soci, una partecipazione che non avrebbe sfigurato davanti al forum triennale sulla cooperazione Cina-Africa. In un opportuno rapporto sulla Russia in Africa del Tony Blair institute for global change – come ha scritto David Pilling sul Financial Times – il nuovo interesse di Putin è spiegato in termini puramente transazionali: rinfocolare i legami di epoca sovietica per estrarre risorse (e voti all’Onu) in cambio di assistenza su questioni di sicurezza. Un’altra ipotesi, più sinistra, spiega Pilling, è che Putin consideri l’Africa una cosiddetta “seconda frontiera” per circondare l’Europa “alimentando instabilità, disturbando le elezioni, esportando armi e innescando i flussi migratori” attraverso il Sahel e la Libia. Gli africani non accoglieranno di buon grado un’analisi che vede nel continente un teatro della cosiddetta rivalità delle grandi potenze. Questo però non significa che non stia succedendo proprio questo.
La minuscola Ucraina sta cercando di entrare in questa partita tentando di contribuire a spostare l’asse di influenza più verso ovest che verso est. Le chance di riuscire in questa impresa sono abbastanza scarse, visto che a Kiev manca anche l’arma del soft power rappresentata dal grano, anche se le esportazioni si sono sbloccate. Arma che sta usando magistralmente la Russia. Zelensky, tuttavia, ci sta provando. Già con il suo video messaggio rivolto all’Unione Africana, il presidente ucraino ha annunciato la nomina di un rappresentante per gli affari africani e un tour del capo della diplomazia ucraina nel continente africano.
“Voglio che ci capiamo – ha detto Zelensky – e interagiamo senza intermediari” e per questo si è spinto più in là, senza mezzi termini: “l’Africa è ostaggio di coloro che hanno iniziato la guerra contro il nostro stato”. Il presidente ucraino ha invitato i rappresentati dell’Unione africana a visitare il suo paese per rinnovare le relazioni a livello bilaterale e si è offerto di avviare i preparativi per una conferenza politica ed economica Ucraina-Africa, ricordano che più di 300 uomini delle forze di pace ucraine erano di stanza in Africa nell’ambito di sei missioni delle Nazioni Unite fino al 24 febbraio. Il presidente di turno della Ua, il senegalese Sall, ha semplicemente ricordato che “l’Africa resta impegnata per il rispetto delle regole e del diritto internazionale, nella risoluzione pacifica dei conflitti e nella libertà di commercio”. Tutto ciò a giustificare il fatto che l’Unione africana ha sì condannato pubblicamente l’invasione russa dell’Ucraina, ma si è astenuta nell’applicare un proprio regime di sanzioni. Le relazioni con Mosca, infatti, sono cresciute e si sono intensificate anche in questi mesi di guerra.
Tutto ciò, tuttavia, rimane nell’ambito degli annunci fatti da Zelensky. Di concreto c’è poco e anche l’incontro con il presidente dell’Ecowas, ha certificato che lui e il capo di Stato senegalese, Sall, andranno a Kiev a settembre. Un viaggio, però, che arriva mesi dopo quello svolto dal presidente di turno dell’Unione africana, Macky Sall, a Soci dove ha incontrato Vladimir Putin per parargli degli effetti nefasti della guerra sugli approvvigionamenti vitali per l’Africa.
(Angelo Ferrari – Agi)