Cinque anni fa moriva Robert Mugabe. Padre fondatore dello Zimbabwe, trasformatosi in feroce dittatore e responsabile del tracollo dell’economia locale, è stato una figura complessa. Nato in estrema povertà nel 1924, di etnia shona, per lunghi anni ha rappresentato un modello africano e globale di riconciliazione. Mugabe aveva frequentato l’Università di Fort Hare, nella provincia del Capo Orientale, in Sudafrica. Un ateneo dove gli inglesi contavano d’istruire una classe dirigente indigena che affiancasse il potere coloniale dei bianchi nella parte meridionale dell’Africa. Tra i suoi compagni c’era Kenneth Kaunda venuto dallo Zambia e prima di lui nella stessa facoltà avevano studiato anche i padri della lotta all’apartheid sudafricano: Oliver Tambo e Nelson Mandela.
Condusse, a capo dello Zimbabwe African National Union (Zanu), una durissima guerra contro il governo bianco di Ian Smith. Furono anni sanguinosi che la mediazione britannica interruppe con un compromesso visionario, gli accordi di Lancaster House: libere elezioni, divisione dei poteri politici e niente espropri contro l’economia bianca, principalmente agricola. Mugabe accettò l’intesa e fondò il moderno Zimbabwe del quale fu prima premier, poi presidente. Si presentò come un riconciliatore e tese la mano ai bianchi. Ma già nel 1985 dimostrò di non essere un pacificatore e un uomo di intese. Lo shona Mugabe con il suo esercito sempre più personale, normalizzò la provincia meridionale del Matabeleland, uccidendo 10mila ndebele.
Il suo disastro maggiore fu però la riforma agraria con la quale espropriò delle loro tenute i bianchi. La gestione delle farm, fino ad allora una eccellenza agricola, fu disastrosa. La produzione agricola crollò e, con essa, collassò l’intera economia. Il Paese, un tempo esportatore di derrate agricole, si trovò sull’orlo della fame. Mugabe, sempre più chiuso in una visione paranoica del potere, cercò di perpetuare la sua presenza, candidando la moglie Grace di 41 anni più giovane.
Solo un colpo di palazzo lo poteva esautorare. A farlo dimettere fu il suo vice, Emmerson Mnangagwa che, come il suo predecessore, perseguita gli oppositori e mantiene lo Zimbabwe nel suo perpetuo disastro economico.