Un tribunale dello Zimbabwe ha condannato Jameson Timba, leader ad interim di una fazione del partito di opposizione Citizens Coalition for Change (Ccc), insieme ad altri 34 attivisti, con l’accusa di aver partecipato a un raduno illegale. La decisione arriva oltre cinque mesi dopo il loro arresto. I condannati rischiano fino a cinque anni di carcere o una multa. La sentenza definitiva sarà emessa la prossima settimana, ha dichiarato Webster Jiti, avvocato della difesa. Parallelamente, il tribunale ha assolto altre 30 persone arrestate nello stesso caso.
La polizia aveva arrestato Timba e gli attivisti il 16 giugno presso la sua residenza nella capitale Harare, accusandoli di partecipazione a un raduno con l’intento di promuovere violenza e violazioni della pace. Gli avvocati della difesa hanno respinto le accuse, spiegando che si trattava di un semplice barbecue per celebrare la Giornata del bambino africano, evento promosso dall’Unione Africana. A settembre, le accuse di condotta disordinata contro il gruppo erano state archiviate, ma il processo per il raduno illegale è proseguito.
Organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, hanno criticato la vicenda definendola parte di un “preoccupante schema di repressione contro il diritto alla libertà di riunione pacifica e di espressione”. Amnesty ha anche sollecitato un’indagine indipendente sulle accuse di tortura denunciate da alcuni attivisti durante la detenzione.
L’arresto di Timba e dei suoi sostenitori è avvenuto poco prima del vertice della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (Sadc) tenutosi a luglio ad Harare. Più di 160 esponenti dell’opposizione e attivisti sono stati arrestati in quel periodo, segnando un’intensificazione della repressione politica nel Paese.
Il presidente Emmerson Mnangagwa, salito al potere nel 2017 dopo il colpo di stato che destituì Robert Mugabe, aveva inizialmente promesso riforme democratiche. Tuttavia, il suo governo è accusato di soffocare il dissenso e di usare il partito al potere, lo Zanu-Pf, per mantenere un controllo autoritario sul Paese. Mnangagwa ha negato le accuse di abusi da parte delle forze di sicurezza, ma ha ripetutamente avvertito l’opposizione di evitare azioni che potrebbero “incitare alla violenza”.