L’esecutivo di Harare ieri ha annunciato che condurrà un’inchiesta “approfondita” riguardante le accuse di abusi commessi dalle forze di sicurezza durante le manifestazioni anti-governative che si sono svolte la scorsa settimana. Lo ha dichiarato il ministro della giustizia zimbabwano, Ziyambi Ziyambi, attraverso un comunicato.
Secondo quanto riportato da Jeune Afrique, il ministro ha aggiunto che i reclami dovranno essere trasmessi alla polizia e che verranno trattati con “sensibilità”, anche se la maggior parte dei zimbabwani non sembrano considerare attendibile questa iniziativa che era stata preannunciata già dal Capo di Stato, Emmerson Mnangagwa qualche giorno fa dopo esser rientrato in tutta fretta dall’Europa, dove avrebbe dovuto partecipare al summit di Davos.
Le manifestazioni contro il governo di Harare sono scoppiate in tutto il paese per protestare contro l’aumento del 150% del carburante. È stata la scintilla che ha fatto esplodere la rabbia di una popolazione stremata da anni di crisi e soggetta da tempo a carenza di beni di prima necessità come cibo e medicinale e l’aumento dei prezzi dovuto all’inflazione altissima. Nei giorni scorsi anche le riserve di acqua del Paese dell’Africa australe sono quasi finite e non si prevedono piogge. Questo vuol dire che per irrigare i campi di grano gli agricoltori dovranno acquistare l’acqua da chi la estrae dal terreno con grandi spese aggiuntive.
Le proteste sono degenerate in scontri e saccheggi in molte città zimbabwane, e la polizia ha risposto con estrema violenza. Perfino la commissione diritti umani dello Zimbabwe, un organismo emanazione del governo, ha denunciato «sistematiche violazione da parte delle forze dell’ordine, torture e botte», in dieci giorni di scontri. Secondo le Ong ci sarebbero state 12 vittime e almeno 1100 persone sarebbero state arrestate e malmenate. Tra gli arrestati ci sarebbero anche dei bambini sotto gli 11 anni, secondo quanto denunciato nei giorni scorsi da Amnesty International.
Arrestati anche il pastore Evan Mawarire, scomodo attivista che si occupa di diritti umani accusato di “fomentare la rivolta” e il sindacalista dello Zimbabwe Congress of Trade Unions Peter Mutasa che si è consegnato alle autorità. I due erano apparsi in dei video circolati sui social network in cui incitavano allo sciopero e alla protesta pacifica. Su Mawarire, padre del movimento #ThisFlag, i giudici si pronunceranno riguardo alla richiesta di cauzione la prossima settimana, come riporta la Reuters.