Nelle scuole rurali del Matabeleland Settentrionale irrompe una compagnia di clown, giocolieri e acrobati “senza frontiere”. Una pausa di svago tra le lezioni? No, molto di più…
Se vi capitasse di viaggiare per lo Zimbabwe, nelle savane che circondano lo Hwange National Park, regno di elefanti e bufali, potreste imbattervi in una piccola carovana di clown e giocolieri. Non stropicciatevi gli occhi: è il circo itinerante di Éric Bouvron, un artista polivalente e senza frontiere (nato in Egitto da madre greca e padre francese, è cresciuto in Sudafrica prima di trasferirsi a Parigi).
Di tanto in tanto, Éric torna in Africa australe per far conoscere l’arte circense nelle aree più isolate. «Migliaia di ragazzi non hanno l’opportunità di allontanarsi dai villaggi in cui sono nati», spiega l’artista, specializzato in sketch comici e numeri di illusionismo. «Uno spettacolo circense, attraverso il linguaggio universale dell’allegria, ha poteri straordinari: favorisce l’integrazione, dissolve i pregiudizi, dilata gli orizzonti».
Allegria salutare
La scorsa estate, Éric ha organizzato una tournée in alcune scuole del Matabeleland Settentrionale. E ha coinvolto tre amici: Immo, un giocoliere nato in Germania, che si esibisce con torce e palline da ping-pong; Mathos, un percussionista e ballerino congolese; Seán, un coreografo di origini irlandesi specializzato nel realizzare maschere. Per mesi il gruppetto si è esibito in Europa al fine di raccogliere i fondi necessari per il tour nella savana. Gli sforzi sono stati sostenuti da Mark Butcher, general manager di Imvelo, una catena di lodge all’insegna del turismo responsabile (imvelosafarilodges.com).
Le fotografie di questo servizio testimoniano l’entusiasmo sollevato dagli show, che ha convinto Éric e compagni a programmare, in collaborazione con il ministero dell’Istruzione di Harare, nuove incursioni nelle scuole. «Vogliamo promuovere scambi artistici e culturali tra Europa e Africa – spiega il promotore dell’iniziativa –. Le risate superano i muri dell’intolleranza e dell’indifferenza».
(testo e foto di Bruno Zanzottera / Parallelozero)