Si chiamano Akashinga, “le Coraggiose”. Fanno parte di una task force che difende gli animali in via d’estinzione dai cacciatori di frodo. Armate e ben addestrate, sfidano gli stereotipi maschili e si prendono la rivincita sulla vita.
In anteprima, uno stralcio di un capitolo del libro All’ombra dell’albero delle salsicce (pp. 277, € 17,00), da questo mese in vendita online: storie sulla conservazione della fauna africana a cura di Gianni Bauce, guida naturalistica in Zimbabwe.
“Se vuoi ottenere qualcosa, devi chiederlo al capovillaggio; ma se vuoi veramente ottenerlo, devi chiederlo a sua moglie”. Così recita un proverbio africano che allude all’enorme – ma tutt’altro che ostentato – potere della donna nelle aree rurali dello Zimbabwe.
Damien Mander, 39 anni, impegnato da anni nella lotta al bracconaggio con la sua International Anti-Poaching Foundation, conosce bene il potere e le capacità delle donne di questo Paese. Per questo le ha ingaggiate nella sua attività contro i cacciatori di frodo. L’idea gli è venuta l’anno scorso, durante una missione nella Valle del Basso Zambesi. «Mentre giravo per i villaggi – racconta – ho incontrato alcune donne sventurate, relegate ai margini della vita sociale: vedove, orfane, ragazze madri, ripudiate dai mariti, talune costrette a mendicare o prostituirsi». Donne rimaste sole, ma con una gran voglia di riscatto. Damien ha offerto loro l’occasione.
Intuizione vincente
«Avevo un progetto in mente – racconta l’ex militare delle forze speciali australiane –. Volevo trasformare le riserve un tempo destinate alla caccia, oggi in forte declino e dunque pericolosamente abbandonate, in aree di conservazione controllate e tutelate dalle comunità locali, affinché ne potessero beneficiare sia gli animali che le popolazioni».
Damien aveva bisogno dell’appoggio delle donne… di quelle donne: ansiose di tornare protagoniste. Così è nato il progetto Akashinga (in chishona significa “le coraggiose”), una task force di guardiane della natura ben addestrate ed equipaggiate. L’idea del team “rosa”, invero, non è una novità: già nel 2013 in Sudafrica veniva costituita contro il bracconaggio la Black Mamba Anti-Poaching Unit (Africa 3/2016), composta da donne addestrate alla prevenzione e repressione per proteggere rinoceronti, ghepardi e licaoni. «Quel che rende innovativo Akashinga è l’impiego di donne discriminate e vulnerabili – ci tiene a precisare l’ideatore –. L’obiettivo è infatti coniugare l’emancipazione di donne svantaggiate con la riabilitazione e gestione di aree selvagge in maniera alternativa allo sfruttamento venatorio».
Più forti dei pregiudizi
Damien ha aperto le candidature esclusivamente a donne senza lavoro, ragazze madri, mogli abbandonate, prostitute, vittime di violenze e abusi sessuali, orfane, vedove e mogli di carcerati (in particolare di bracconieri finiti in carcere). La risposta è stata sorprendente. «Mi sono trovato davanti a un plotone di ventisei donne da addestrare, cariche di entusiasmo e aspettative, pronte più che mai a mettersi in gioco». Le reclute hanno affrontato un duro addestramento. «Dopo aver studiato le abitudini della fauna e i segreti dell’ambiente – spiega Damien –, le aspiranti scout sono state preparate a gestire gli scenari più impegnativi attraverso l’uso delle armi, il combattimento corpo a corpo e l’esercitazione alle azioni di guerriglia come quelle che possono aver luogo in un contesto di lotta alla caccia di frodo».
Le Akashinga hanno imparato le tecniche di pattugliamento e di mimetismo, i rudimenti del primo soccorso, le tecniche di arresto e perquisizione, l’acquisizione di elementi probatori e la preservazione della scena del crimine. Inizialmente il progetto ha trovato resistenza e diffidenza da parte degli uomini… Il ruolo di ranger combattenti non si addice alle donne, tantomeno a quelle “rifiutate” dalla comunità. Alcune sono state derise, insultate, addirittura minacciate. Ma le allieve di Damien non si sono fatte intimidire. Con determinazione e orgoglio hanno conquistato la fiducia e il rispetto di tutti.
Risultati sorprendenti
«Alla cerimonia di investitura al termine del corso, hanno applaudito quasi duemila persone provenienti dai villaggi delle ventisei ragazze». Oggi, Vimbai, Tracey, Primrose e compagne, di età compresa tra i 18 e i 35 anni, si muovono sicure nella boscaglia indossando la mimetica e imbracciando il fucile d’assalto come vere professioniste, custodendo uno dei patrimoni più preziosi del Paese.
A distanza di due anni dall’avvio delle attività, il bilancio è ottimo. «Le donne impegnate nella salvaguardia ambientale sono, rispetto ai colleghi maschi, meno inclini alla corruzione, lavorano di più, non si ubriacano, mostrano livelli maggiori di onestà e tengono in altissima considerazione il loro ruolo e l’opportunità che è stata loro data», dice convinto il fondatore dell’International Anti-Poaching Foundation. Il bracconaggio è crollato e le amazzoni di Damien hanno conquistano l’indipendenza economica. Non solo. Come se anche la natura avesse dato il suo beneplacito al progetto, Damien ha constatato che i contingenti femminili inducono meno aggressività negli elefanti e nei bufali, riducendo il rischio di incidenti con la fauna selvatica durante le operazioni di pattugliamento. «Credo che le donne siano l’arma vincente per proteggere efficacemente l’ambiente», aggiunge Damien. Il successo del progetto ha convinto l’ideatore delle Akashinga a replicare l’esperienza. L’obiettivo ora è di reclutare e rendere operative duemila donne, gestendo attraverso di loro più di trenta milioni di acri di terra selvaggia.
(di Gianni Bauce – foto di Iapf)