Duemila sostenitori dell’opposizione dello Zimbabwe sono scesi ieri in piazza ad Harare per chiedere le dimissioni di Robert Mugabe e la polizia non è intervenuta per disperdere la manifestazione. Chi conosce lo Zimbabwe sa che questo evento rappresenta una vera rivoluzione rispetto al passato quando il regime non tollerava le dimostrazioni di dissenso, ma le reprimeva con estrema violenza.
La manifestazione, organizzata dal leader dell’opposizione Morgan Tsvangirai, si è tenuta nonostante la High Court non l’avesse autorizzata. Le forze dell’ordine inizialmente avevano negato l’autorizzazione, ma poi non hanno fatto nulla per arrestarla. Gli agenti della polizia che hanno seguito il corteo si sono limitati a osservare. Non si è registrata nessuna violenza da parte di una polizia che è nota in tutta l’Africa per la spietatezza con la quale reprime l’opposizione.
I manifestanti protestavano contro l’impotenza di Robert Mugabe di fronte alla crisi economica in atto. «Mugabe non ha alcuna soluzione alla crisi – ha detto Tsvangirai -. Siamo qui per dire che Mugabe e il suo regime hanno fallito. Bisogna dare impulso a un’economia stagnante e creare posti di lavoro per i migliaia di disoccupati». I manifestanti innalzavano cartelli che sbeffeggiavano il Presidente Mugabe e ne chiedevano le dimissioni.
L’iniziativa dimostra la forza di Tsvangirai e del suo Movimento per il cambiamento democratico. Il leader politico, attivista per i diritti umani, sta diventando sempre più una alternativa credibile per il dopo Mugabe.
L’attuale Presidente, che rimarrà in carica fino al 2018, ha 92 anni. Capo della resistenza contro il regime bianco segregazionista di Ian Smith, è arrivato al potere nel 1980 e non l’ha più lasciato. Nonostante sia ancora attivo, non è più in grado di seguire i dossier come un tempo. E anche la presa sulla vita politica nazionale si sta affievolendo. E infatti l’opposizione si sta rafforzando sia al di fuori del suo partito (Zanu-Pf) sia al suo interno, dove è iniziata una lotta per la successione.
Un tempo economicamente molto forte e strutturato, oggi lo Zimbabwe soffre di alti tassi di disoccupazione e la povertà è molto diffusa. Il tracollo è iniziato nel 2000 dopo la contestata riforma che ha espropriato le terre ai latifondisti bianchi (molti dei quali hanno lasciato il Paese rifugiandosi in Mozambico, Sudafrica o Zambia). Negli anni poi la crisi è andata accentuandosi e oggi, quello che fu un Paese esportatore di derrate agricole, è costretto a importare il necessario per sfamare la popolazione.