Lo Zimbabwe sta rischiando di precipitare in una carestia mai vista. A lanciare l’allarme è il Programma alimentare mondiale (World Food Programme, Wfp), secondo il quale più di otto milioni di persone (su una popolazione di 12 milioni di abitanti) vivono in condizioni di insicurezza alimentare a causa di ripetute siccità che hanno colpito il Paese negli ultimi cinque anni.
«I pastori devono vendere il loro bestiame per sopravvivere – ha spiegato a Radio France Internationale Deborah Nguyen, portavoce del Wfp nell’Africa meridionale –. Persino gli agricoltori non hanno più abbastanza cibo per le loro famiglie. Molte famiglie, già oggi, mangiano un solo pasto al giorno o a volte non mangiano affatto. I bambini non vanno a scuola perché le famiglie non possono permettersi di pagare le tasse scolastiche. Le persone vendono tutto ciò che hanno per sopravvivere, per poter mangiare. Nei casi più estremi, le donne si prostituiscono per guadagnarsi da vivere e nutrire le famiglie. Oltre alla mancanza di cibo, si sta registrando anche una carenza di carburante. Ciò rende difficile ogni attività economica nel Paese, non solo per gli agricoltori ma anche per tutto il resto della popolazione».
Il Wfp chiede che la comunità internazionale si mobiliti e raccolga almeno 200 milioni di dollari per rispondere a questo disastro umanitario annunciato. «Abbiamo in programma di raddoppiare il numero di persone a cui distribuire cibo – ha affermato Deborah Nguyen –. Passeremo da 2 a 4,1 milioni di persone per rispondere a questa situazione di crisi. Ciò significa che dovremo importare 200.000 tonnellate di cibo. Dovremo importarlo da Paesi abbastanza distanti poiché l’intera regione dell’Africa meridionale quest’anno soffre di siccità».
La siccità, legata anche ai cambiamenti climatici in atto, ha colpito una nazione già da anni in ginocchio. Le disastrose e demagogiche politiche economiche messe in atto dall’ex presidente Robert Mugabe hanno distrutto l’agricoltura, attraverso una riforma che ha tolto le terre ai farmers bianchi per darle a contadini senza la formazione necessaria per gestirle, e hanno distrutto anche la fiorente industria di trasformazione dei prodotti agricoli. Ciò, oltre a creare disoccupazione, ha esposto il Paese a ricorrenti carenze di derrate alimentari. Quello che era considerato il granaio dell’Africa meridionale è diventato un Paese importatore di beni agricoli.